A cura di Marianeve
Titolo: Hamidashikko
Trad.: Chi resta è fuori
Autrice: MIHARA Jun
Categoria: Shoujo
:: Il manga in Giappone ::
Casa editrice: Hakusensha
Numero di volumi: 13, concluso
Prima pubblicazione: 1975-81
Rivista di serializzazione: Hana to yume
Numero di volumi riedizione bunko: 6
Storia
La storia vede per protagonisti quattro bambini e si svolge per un arco di tempo che va dall’infanzia all’adolescenza.
I quattro amici sono, in ordine di età, Graham, Angie, Sarnin e Max, ognuno con un triste passato alle spalle. Per questo motivo decidono di vivere insieme e di cercare una “vera” famiglia; amore, devozione e sacrificio sono le parole chiave che ne determinano l’unione.
Nel primo volumetto ci viene presentata l’infanzia di Angie. Egli aveva una madre bellissima che, per motivi di lavoro, lo lasciava spesso solo, così il piccolo venne affidato alle cure di alcuni parenti. In seguito a una malattia, Angie rimane quasi paralizzato a una gamba e inoltre la madre lo abbandona definitivamente, interrompendo del tutto le sue visite. Il bambino decide di cercarla e resta sconvolto quando la donna, ormai divenuta un’artista famosa, rifiuta di vederlo perché lui è un figlio illegittimo e quindi compromettente per la sua carriera che è appena agli inizi.
Girando per le vie della città Angie vede un bambino rinchiuso in una cantina: è Sarnin.
Sarnin viveva felicemente in una casa di montagna con i genitori e il nonno fin quando quest’ultimo e il padre vennero a contrasto. Le continue liti crearono una profonda crisi nel matrimonio e, come conseguenza, la madre soffrì i suoi primi disturbi psichici (soprattutto a causa delle continue assenze del marito).
Una sera, durante una lunga nevicata, la donna esce per spalare la neve e, come in trance, continua fino a quando non muore per assideramento sotto gli occhi del figlio che, inutilmente, cercava di fermarla.
Dopo i funerali Sarnin va a vivere con il padre, ma la convivenza non è delle migliori e quindi, dopo gli ultimi rimproveri, viene rinchiuso per un anno in cantina con il suo pappagallino (…). Angie lo libera e da quel giorno i due non si separeranno più.
La storia di Graham non è diversa dalle due precedenti: amatissimo dalla madre, egli è soggetto alle gelosie della sorella maggiore, Ada, e ai rimproveri del padre che, volendo fare del figlio un grande pianista, elimina ogni sua possibile distrazione. Per questo motivo cerca di colpire con un bastone il cagnolino di Graham; il colpo violentissimo uccide l’animale e ferisce il bambino a un occhio, accecandolo.
La morte della madre alimenta ulteriormente l’odio di Ada verso il fratello, inoltre il rapporto con il padre si fa ancora più difficile e violento.
Il passato di Max è messo in luce da un evento tragico che influisce in modo determinante sull’evolversi della vicenda. Per una serie di situazioni i quattro si ritrovano dispersi con un gruppo di persone sulla neve: uno di questi (per motivi troppo lunghi da spiegare) tenta di strangolare Graham dinanzi ad Angie e Max. Lo shock fa rivivere a Max la scena di qualche anno prima, quando il padre aveva cercato di strangolarlo e, per salvare Graham, il bimbo aveva sparato all’uomo uccidendolo. Lasciati i due amici svenuti sulla neve, Angie aveva trascinato il corpo in un boschetto e appiccato un incendio per occultarne il cadavere (niente male per un ragazzino di 10-11 anni…). Però l’omicidio era difficile da nascondere e così Graham e Angie decidono che i quattro devono separarsi per il bene di Max.
Quindi per circa un anno il piccolo viene affidato a un orfanotrofio, ma la convivenza con gli altri bambini è piuttosto difficile; inoltre non riesce a dimenticare i suoi tre amici.
Sarnin, rimasto gravemente ferito durante l’avventura sulla neve, cade in uno stato di profonda depressione e non sembra intenzionato a guarire. La sua salvezza è un allevamento di cavalli e un puledro appena nato a cui si affeziona molto (dopo varie peripezie riesce a diventarne il padrone e lo porta a vivere con lui).
Infine padre e figlio sembrano capirsi grazie alla passione per la musica, peccato che la ritrovata armonia duri poco; finalmente sereno, l’uomo muore dopo l’ultima lezione di piano al figlio.
In seguito Graham, grazie all’intervento di Ada e di suo padre, viene operato all’occhio e ne riacquista l’uso.
Finalmente Angie e Graham decidono di riprendersi Max dall’istituto e ben presto a loro si unisce Sarnin. Così i quattro prendono a vivere a casa dei coniugi Jack e Pam Kramer, che li adottano, (Angie e Graham hanno 13 anni, Max e Sarnin 10). Inoltre i quattro conoscono Ronald, un amico d’infanzia di Jack e ora suo attuale compagno di lavoro.
Naturalmente crederete che i problemi siano finiti. Invece non è così, perché ingiurie, malvagità e violenza da parte di terze persone ancora una volta compromettono l’unione dei ragazzi… a farne le spese è principalmente Graham. Il ragazzo si era sempre distinto dagli altri tre per calma, disponibilità e maturità; in realtà è quello che più di tutti non riesce a dimenticare il passato.
Così il vecchio delitto, la madre, la morte del padre e altre “piccole” cose lo portano a essere il più instabile del gruppo. Graham infine è vittima di una forte depressione e pensieri di morte affollano la sua mente. In tutto ciò bisogna dire che Graham ha il tempo di iniziare una relazione, anche a sfondo sessuale, con una bellissima cantante del locale in cui lui suona. Vi chiederete quale sia il problema. Nessuno, tranne il fatto che Graham è un adolescente mentre la cantante è una donna molto più grande di lui.
Comunque dopo un tentativo di suicidio di Graham, prontamente fermato da Angie, Ronald e Jack, le cose vanno per il meglio.
Il ragazzo si riprende, riesce a recuperare il rapporto con Sarnin (ci sarebbero molte cose da dire su questo punto) e così un finale sereno si dispiega, senza ulteriori morti.
Considerazioni
Le ragioni del successo di “Hami” (chiamiamolo così per comodità) sono da ricercarsi di certo nella trama e nell’ottima caratterizzazione di ogni singolo personaggio, sia esso protagonista che semplice comparsa. La storia è senz’altro un po’ forte se si considerano i suicidi, le morti, le varie violenze fisiche (mai a sfondo sessuale) e soprattutto psicologiche, ma la Mihara riesce a dosare nel modo giusto tutti gli elementi a sua disposizione, in modo tale che la trama non risulti mai monotona o addirittura scontata. Proprio per “alleggerire” le situazioni, l’autrice utilizza i suoi personaggi-deformed per dare vita a siparietti molto divertenti (tale espediente viene spesso usato anche in altre sue opere).
Tuttavia è sempre l’elemento psicologico a farla da padrone. I personaggi della Mihara inizialmente appaiono come bambini dolci e ingenui ma, in alcuni casi, hanno degli atteggiamenti tali da lasciare perplessi.
Prendiamo in esame Angie: comincia a fumare a 10 anni, beve alcolici e se qualcuno minaccia i suoi “fratelli” non esita a compiere gesti estremi. È un abile lanciatore di coltelli (Ada ne sa qualcosa) e, all’occorrenza, gira tranquillamente armato di pistola; ci sono casi in cui il suo cinismo e la sua freddezza fanno paura, ma basta voltare pagina e ti ritrovi un Angie premuroso che prepara sontuosi banchetti (la cucina è un altro dei suoi punti di forza). Diversissimi da Angie e Graham sono invece Sarnin e Max, i due “puri” di cuore.
Sarnin ama la natura, gli animali, ha un profondo senso di lealtà e non concepisce le azioni meschine, però è pronto a menare le mani se deve aiutare qualcuno. È legatissimo ad Angie e questa è una cosa che stupisce vista la diversità di carattere dei due.
Max è il beniamino di casa, quello coccolato e viziato da tutti grazie alla sua arma principale: il pianto (se volessimo raccogliere tutte le lacrime che ha versato nel corso dei 13 volumetti ci sarebbe di sicuro un alluvione). Però è tenerissimo ed è quello che ha sofferto più di tutti; il padre sperava nella sua morte sin dalla nascita e questo Max lo ha sempre saputo. Ama tantissimo gli animali e ha un’autentica venerazione per Graham.
Determinante poi è la presenza di Jack, Ronald e Pam, i quali risultano essenziali per il buon andamento della storia. Pam si dimostra una madre comprensiva e affettuosa; Jack un padre disposto al dialogo e, se necessario, pronto a qualche sonoro ceffone; Ronald riveste il ruolo di consigliere e con Angie dà vita a molti momenti comici. Esistono poi altri personaggi oltre a quelli citati. Peccato che siano talmente tanti da non poterli elencare tutti (in pratica, non si riesce a tenerne il conto).
Per ciò che riguarda il disegno, potrebbe risultare un tantino datato dal momento che siamo negli anni ’70: tratto molto marcato, occhi scintillanti esageratamente grandi (come del resto lo sono i visi in proporzione ai corpi) e assenza totale dei retini.
La Mihara però, pur rispettando i canoni dell’epoca comuni a molte shoujo mangaka, riesce a creare un suo personalissimo stile, di certo particolare, ma che la distingue dalla massa.
In seguito, con lo svolgersi della storia il tratto si evolve e, curiosamente, mentre i personaggi crescono le linee si assottigliano, le figure diventano longilinee e i retini fanno la loro apparizione; si arriva in questo modo a un disegno impeccabile che rende gli ultimi volumi un vero capolavoro, come del resto lo sono le illustrazioni a colori. Ottima, in tutti e tredici i volumi, la rappresentazione degli ambienti; la storia si svolge nei paesi occidentali: sia gli interni che gli esterni sono riprodotti con la massima cura.
In conclusione, Hamidashikko è un manga qualitativamente valido sia per trama che per disegni… e che contribuisce a sfatare il mito che i manga (anche quelli degli anni ’70) siano solo stelline e luccichini… alla fine della lettura non potrete non amare questi quattro deliziosi monelli.
Gallery
Scansioni di Martina e Marianeve.
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