A cura di Koori (review) e Demelza (info e immagini)
Titolo: Hyakki Yakou Shou
Traduzione: Racconti del corteo dei cento demoni
Autrice: IMA Ichiko
Categoria: Josei
:: Il manga in Giappone ::
Casa editrice: Asahi Sonorama (fino al 2007), Asahi Shimbun
Numero di volumi: 30 – serie in corso
Anni di pubblicazione: 1995 -in corso
Riedizione Bunko: 8 volumi; 2000 – in corso
Rivista di serializzazione: Nemureru na Yoru kimyo-no Hanashi [Nemuki]
Sia l’edizione originale che l’edizione bunko sono state ristampate nel 2007 in seguito al passaggio interno di editore.
:: Il manga in Italia ::
Titolo: La corte dei cento demoni
Casa editrice: Goen
Pubblicato a partire da: Dicembre 2021
Prezzo: 6.50 E.
:: Curiosità ::
Hyakki Yakou Shou ha ricevuto due nomination per l’Osamu Tezuka Culture Award nel 2003 e nel 2005 e ha vinto, nel 2006, un Excellence Prize al Japan Media Arts Festival. Il manga, inoltre, è stato adattato nel 2007 in un TV drama di 9 episodi.
:: Il drama ::
Titolo: Hyakki Yakou Shou
Titolo internazionale: Tales of Night-Prowling Ghosts
Regia: Junichi Ishikawa, Yasushi Ueda
Numero di episodi: 9
Data d’uscita in Giappone: 2007
Cast: Yoshihiko Hosoda, Ayana Sakai
Storia
“Mio nonno era uno scrittore. Scrutando con occhio attento le tenebre alla ricerca di ciò che vi si nascondeva, egli ha costruito un universo unico nel dominio della letteratura fantastica…”
Hyakki Yakou Shou
Ritsu ha ereditato dal nonno, il grande romanziere Kagyu Ijima, la capacità di vedere ciò che per gli altri resta invisibile, quei demoni e quegli spiriti che lo scrittore aveva descritto nei suoi libri e con i quali aveva avuto troppa confidenza. Un lascito pesante che comporta, per il ragazzo, il dover fronteggiare l’interesse e il rancore che il sangue di Kagyu nelle sue vene risveglia ancora nei demoni, ad anni di distanza dalla morte di chi l’aveva generato.
Consapevole delle difficoltà alle quali Ritsu era destinato ad andare incontro, Kagyu si era premurato di lasciare accanto al nipote qualcosa in grado di difenderlo, proteggerlo e vegliare sulla sua incolumità: il demone Aoarashi che, su ordine del padrone, aveva preso possesso del corpo del padre di Ritsu, morto fulminato da un infarto quando il figlio aveva appena quattro anni. Ritsu è l’unico a sapere che quando suo padre si è risvegliato, durante la veglia funebre, è perché il suo corpo, ormai abbandonato dall’anima, era stato occupato da Aoarashi.
A dodici anni di distanza da quegli avvenimenti, Ritsu continua ad abitare nella dimora avita degli Ijima insieme ad Aoarashi, alla madre e alla nonna, conducendo un’esistenza per quanto possibile normale, seppur discreta e ritirata, avendo egli sviluppato un carattere riservato, poco incline a farsi amicizie. E proprio in questa casa si rifugia, in cerca di tranquillità, la giovane cugina di Ritsu, Tsukasa, per passarvi un periodo di riposo lontano dalla città, su consiglio del padre (il figlio maggiore di Kagyu).
Tsukasa, infatti, ha smesso di frequentare le lezioni universitarie a causa della depressione provocatale dal fatto di avere la schiena devastata da una macchia che, con il tempo, ha conquistato sempre più superficie corporea. Giunta a casa della zia, tuttavia, la situazione non sembra migliorare, anzi: Tsukasa mostra come l’eredità di Kagyu non si è trasmessa al solo Ritsu.
I problemi finiscono per accentuarsi: uno strano demone si presenta, durante la notte, davanti a Ritsu reclamando il proprio figlio e, lo stesso Ritsu, si guadagna l’astio di Tsukasa vedendo la macchia sulla schiena della ragazza mentre questa è intenta a osservarla, preoccupata, allo specchio. La notte stessa dello spiacevole incidente, Ritsu viene attaccato da un piccolo demone anguiforme che batte in ritirata, sorpreso dalla reazione del ragazzo e di Aoarashi; seguendolo, i due giungono nella camera da letto di Tsukasa dove scoprono che il demone, in realtà, ha preso dimora nella schiena della ragazza e non è altro se non la macchia che le procura tanto disagio e dolore: sensibile ai sentimenti del suo ospite, ne lascia il corpo durante la notte per cercare vendetta e per nutrirsi di piccoli animali.
Ritsu cerca dunque di correre ai ripari: la notte successiva imprigiona un piccolo demone obbligandolo ad attaccare quello che, ancora una volta, ha lasciato il corpo di Tsukasa per rivolgersi contro di lui. Il demone “addomesticato”, però, fallisce il suo obiettivo – che torna a rifugiarsi nel corpo di Tsukasa – e folle di rabbia ritorna verso il “padrone” attaccandolo: solo l’intervento di Aoarashi salva la vita di Ritsu il quale, tuttavia, riporta una ferita al braccio; cercando una fasciatura egli viene sorpreso da Tsukasa la quale, spaventata, si rende conto di essere la responsabile di questi fenomeni.
Così i due ragazzi, il mattino seguente, si recano dal padre di Tsukasa tentando si saperne di più: egli li segue nella casa paterna in cui non metteva piede da dieci anni e qui accompagna Ritsu nel recinto “sacro” – dietro la stessa – in cui Kagyu era solito recarsi per i suoi riti. Il padre di Tsukasa, Satoru, in lacrime racconta al nipote di essere il responsabile indiretto dell’infarto di Takahiro (il padre di Ritsu) in quanto, per curiosità, dodici anni prima era penetrato nel recinto con la piccola Tsukasa, la quale aveva rotto un uovo di pietra all’interno dello stesso. Giunti a casa, Tsukasa era caduta preda di una fortissima febbre e Satoru, resosi conto dell’anormalità della situazione, si era rivolto al padre.
Kagyu aveva dunque comandato a un demone di mettersi in caccia di ciò che aveva preso dimora in Tsukasa ma, avendo fallito il bersaglio, il demone si era ritorto contro Kagyu trovando sulla sua strada però Takahiro, rimasto vittima dell’attacco.
Venuto a conoscenza della verità, Ritsu fronteggia Aoarashi colpevole di avergli tenuto nascosta la cosa per tanto tempo ma, sbollita la rabbia, accetta la situazione e cerca una soluzione per il problema di Tsukasa. L’essere che si è installato nella schiena della ragazza, non è infatti altro che il figlio del demone di pietra che si era presentato la prima notte della permanenza di Tsukasa a casa di Ritsu, reclamando la propria progenie. Ritsu, dunque, imprigiona il demone anguiforme (uscito dal corpo di Tsukasa non appena questa si è addormentata) nell’uovo rotto dodici anni prima e corre all’interno del recinto per restituirlo al demone di pietra, mentre esseri minacciosi lo scrutano di soppiatto.
Nel momento in cui Ritsu lancia l’uovo al demone “madre”, si sviluppa una luce accecante all’interno della quale egli “incontra” l’anima di Kagyu e, a Kagyu, Ritsu rivolge la domanda che lo tormenta: perché suo nonno ha deciso di far occupare il corpo di suo padre da Aoarashi, piuttosto che lasciarlo riposare in pace? La risposta di Kagyu è semplice, quanto umana, nella sua disarmante ingenuità: poiché Kagyu stimava il genero, ma non aveva avuto occasione di conoscerlo a fondo, cosa che si rimproverava… lasciando il suo corpo fra i vivi, egli poteva mantenere l’illusione di aver ancora la possibilità di farlo. Semplicemente non voleva che lui sparisse.
Di ritorno a casa, grazie al provvidenziale intervento di Aoarashi venuto a cercarlo all’interno del recinto, Ritsu si vede correre incontro la cugina – “terribilmente bella” in quel momento, come lui stesso pensa – che lo abbraccia, sollevata di vederlo sano e salvo.
Conclusa la vicenda di Tsukasa con la “guarigione” della ragazza e il suo ritorno in città, Ritsu si trova suo malgrado ancora una volta coinvolto in avvenimenti che vedono il soprannaturale e i demoni come protagonisti, sia che si tratti di recuperare libri prestati da Kagyu a suoi amici, sia che si tratti di dirimere i conflitti di coabitazione di due bizzarri uccelli demoniaci che finiscono per diventare suoi servitori.
Considerazioni
“Non vedere, non parlarne. Se voi altri mortali infrangerete questa regola… abbrevierete irrimediabilmente la vostra esistenza, come ha fatto Kagyu”
Hyakki Yakou Shou
Definire il valore di un’opera è sempre relativo. Si possono applicare criteri “oggettivi” di valutazione ma non si ha modo di sapere se questi criteri verranno sostituiti in un futuro, più o meno prossimo, da altri, né se oggi stesso essi risultano ugualmente determinanti, nell’assegnazione di un giudizio, per tutti coloro che fruiscono del prodotto.
In ogni caso, basandosi su quei criteri di valutazione, si può tranquillamente affermare che Hyakki Yakou Shou è un lavoro di altissima qualità. Capita però di trovarsi di fronte a opere nelle quali si avverte un carattere peculiare – che a volte persino prescinde dai giudizi di qualità – per le quali si ha voglia di azzardare un giudizio “assoluto” di valore, credendo fiduciosamente (o perlomeno sperando) di non essere smentiti dal passare delle mode, del tempo e delle culture: per me Hyakki Yakou Shou è una di queste opere.
Concepito con una struttura a episodi, il manga è di per sé uno hyakkiyakou, un “corteo dei cento demoni” (soggetto trattato in diversi racconti e dipinti del Sol Levante ai quali Ima Ichiko guarda per iconografie e ispirazione), dove le storie autoconclusive si susseguono, perfettamente leggibili, senza perdita di comprensione indipendentemente da ciò che le precede e le segue, presentando ciascuna i suoi demoni. Ciò nondimeno, seguendo “la fila dei demoni” dal primo in ordine di apparizione all’ultimo mostratoci, è possibile rintracciare un significato diverso legato a una narrazione più ampia, incentrata sui protagonisti principali – che rimangono sempre gli stessi – i cui elementi vengono forniti a poco a poco: ogni storia arricchisce il mondo di Ritsu o specifica i rapporti fra lui e gli altri personaggi.
Questo non deve indurre a pensare a Hyakki Yakou Shou come a un progetto solidamente definito dalla Ichiko fin dai primi tempi della serializzazione dell’opera: la stessa mangaka smentisce la cosa nei free talk, asserendo di procedere a ispirazione e di essere spesso in dubbio rispetto a come far continuare le vicende; inoltre nella storia si avvertono lievi discrepanze e raramente piccole incongruenze, specie rispetto all’episodio pilota integrato come prologo, che tuttavia vengono percepite dal lettore come sfumature di informazioni che non erano semplicemente state date ancora nella loro interezza e non minano la coerenza generale dell’opera, lasciando anzi ammirati per come le nuove soluzioni si inseriscono nel disegno generale, come se fossero ripassi a china di parti prima abbozzate a matita.
Per quanto riguarda le storie narrate nei volumi, si avvicinano curiosamente, per atteggiamento e intenti, alle opere sugli spiriti – e sullo spirito – giapponesi scritte fra la fine dell’800 e i primi del ‘900 da Lafcadio Hearn. Presentano, infatti, una curiosa rivisitazione del folklore, soprattutto “orrorifico”, giapponese, condotta da una persona che per generazione appartiene a una cultura che, per quanto ne resti memore, è diversa da quella che l’ha generato; lo stesso stile delle illustrazioni di Ima Ichiko, d’altra parte, rivela il connubio fra un’educazione pittorica di tipo occidentale e una cosciente ispirazione a un’estetica e a modelli iconografici della tradizione giapponese, che nelle tavole interne si fanno più evidenti pur inseriti in un contesto di pieno controllo delle capacità espressive del mezzo utilizzato: la regia, gli scorci, la sapiente distribuzione dei pieni e dei vuoti, nelle tavole disegnate con uno stile tanto elegante da saper creare un perfetto equilibrio fra esigenza di sintesi nel tratto e ricchezza di particolari presentati, rivelano come l’autrice sia una mangaka dotata di enorme talento e tutt’altro che improvvisata.
In ogni caso è proprio il modo di trattare l’elemento “orrorifico” di quel folklore a rivelare la bravura di Ima Ichiko, la quale riesce a riportare, attraverso le vicende narrate, il discorso su un piano “umano”.
La maggior parte delle storie di fantasmi e demoni disegnate nei diversi volumi non provoca spavento: Ritsu, sua cugina Tsukasa, gli altri due cugini Akira e Ushio, gli zii, la madre, la nonna, i diversi parenti (acquisiti e non) si muovono in un mondo dove il sovrannaturale può diventare pericoloso, ma non fa mai paura perché non genera orrore. Vedere i demoni, parlare con loro, accorcia l’esistenza, comporta un prezzo: Kagyu è morto vent’anni prima del dovuto perché ha costituito un ponte fra due realtà, quella degli uomini e quella dei demoni, con la sua opera di scrittore, con le sue azioni che rivelavano, agli altri esseri umani e ai demoni, la sua capacità di esercitare controllo sul sovrannaturale, ma soprattutto con la sua stessa esistenza che costituiva un’eccezione nel normale scorrere delle cose. I suoi nipoti hanno ereditato la stessa eccezionalità (con – l’imbarazzante – esclusione di Ushio, cosa che in ogni caso non gli impedisce di ritrovarsi comunque coinvolto in guai di natura sovrannaturale) ma le vicende da loro vissute a contatto coi demoni assumono caratteri lirici, malinconici, spesso divertenti, quando non addirittura comici; se si trovano a fronteggiare l’orrore è perché nei fatti narrati sono coinvolti esseri umani.
Quello che emerge in alcune storie, capaci di provocare brividi di assoluto terrore nel raccontare, ad esempio, la follia di un professore che dopo aver provocato la morte del piccolo figlio per negligenza e aver avviato un rito di magia nera che risucchia la vita di altre persone per risuscitarlo, finisce per impiccarsi: è la disperazione che può indurre l’animo umano in ogni momento a vacillare, cadendo preda di un’oscurità destinata a perdurare e a provocare danni anche dopo la morte terrena.
Scopo dei demoni è ingannare gli esseri umani e consumarne la linfa vitale: mangiarli o distruggerli, eppure quella è la loro natura. La malizia è parte di loro. Vivono senza comprendere gli uomini e senza esserne compresi, eppure fanno parte dell’ordine delle cose: come Aoarashi insegna ad un piccolo Ritsu, non sono da temere, perché il vero pericolo per l’uomo rimane l’uomo.
Tuttavia, nell’opera di Ima Ichiko domina la speranza: se l’uomo rischia di cader preda dell’ombra dentro di sé, finendo per perdersi nell’oscurità, si mostra in grado anche di custodire nel proprio animo la purezza di una luce inalienabile, in grado di cancellare anche la morte e di insegnare ai demoni ad ammirare la breve esistenza umana. Così la donna che aveva saputo amare un uomo con tutta se stessa in vita, trasforma quel sentimento, dopo la propria morte, in amore universale verso l’umanità.
Amore per gli esseri umani, per quello che possono essere, e amore fra esseri umani e demoni nella reciproca accettazione: la sposa volpe, la fanciulla serpente, ma anche lo stesso Ritsu e i personaggi della sua famiglia i cui rapporti vengono svelati, ampliati e specificati a poco a poco in maniera assai piacevole, finiscono per dare questo messaggio.
Kagyu era stato un ponte fra due mondi, ma soprattutto, nel momento in cui ha deciso di ordinare al demone Aoarashi di prendere possesso del corpo del padre di Ritsu, egli è diventato un ponte fra quei due individui: perché ha fornito modo a un demone di imparare a vivere come un essere umano, assimilandone gli usi e capendone a poco a poco i sentimenti e ha dato al nipote una figura in grado di sovrapporsi a quella del padre perso, in un rapporto complesso, di fastidio e affetto, implicante una comprensione delle rispettive nature.
E d’altra parte di fronte ad Akama – in numerose storie vero e proprio rappresentante della concezione occidentale del demone come tentatore, ma capace anche di regalare una seconda occasione agli esseri umani per vedere che uso sapranno farne – così vecchio da aver capito che è più interessante “giocare” con gli esseri umani piuttosto che ucciderli, e solito rammaricarsi della loro “pessima abitudine di morire sul più bello”, è lo stesso Ritsu a chiedersi se davvero i demoni, vivendo a contatto con gli esseri umani, non finiscano per umanizzarsi troppo, dimenticandosi che la natura del demone è quella di nuocere all’uomo.
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