Akimi Yoshida

YOSHIDA Akimi 吉田秋生

A cura di Emy e Martina

Akimi Yoshida, nata a Tokyo il 12 Agosto del 1956, debutta nel 1977 per la Shogakukan mentre frequenta ancora l’Università di Belle Arti. Seguace della grande Ryouko Yamagishi, usa scrivere storie dal taglio adulto, espresse da una grafica essenziale e perfettamente funzionale ai testi.

È indubbiamente un’autrice molto famosa in Giappone, il suo titolo più noto è “Banana Fish”, una serie che mescola sapientemente azione, suspense, dramma psicologico e una sottile vena di boys love. All’epoca vennero realizzati diversi gadget e prodotti multimediali ispirati alla serie, ma anche un artbook intitolato “Angel Eyes” e un volume di storie collegate alla serie principale dal titolo “Private Opinion”. Nel 2018 è stato trasmesso in Giappone un anime di Banana Fish, in 24 episodi, per celebrare il trentennale del manga.

Lo stile della Yoshida, rigoroso, minimale, graficamente impeccabile, è celebre quanto le sue narrazioni insolite, forti e mai banali. L’uso del silenzio, del “non-detto”, è quanto mai pregnante e significativo nei suoi manga.

Ma facciamo un passo indietro: la sua prima serie di ampio respiro risale al 1978 ed è interamente ambientata negli Stati Uniti (“California Monogatari”, 8 volumi) con protagonisti americani, e tutt’ora molto amata dai fans giapponesi dell’autrice.

Del 1983 è l’interessante slice of life “Kawa yori mo nagaku yuruyaka ni” (Longer and Slower than a River) i cui protagonisti sono ragazzi giapponesi del liceo, uno dei quali lavora come barista in un locale frequentato da soldati americani.

Nel 1984 l’autrice vince il premio Shougakukan per i quattro volumi di “Kisshou Tennyo” (“La dea della fortuna”, un mistery incentrato su una bella studentessa, Sayoko, e sulle strane morti che colgono chi cerca di osteggiarla), ma è nel 1987 che raggiunge il successo del grande pubblico, con la pubblicazione di “Banana Fish”.

Nel 1996 la Yoshida prosegue con “Yasha”, un mystery/thriller vagamente fantascientifico che conquista il pubblico giapponese, viene adattato in drama per la TV e si aggiudica il 47° Shougakukan Manga Award.

Nel 2006 l’autrice cambia decisamente registro e si dedica a “Umimachi Diary”: un manga intimista e corale che punta sulla vita quotidiana e sugli affetti famigliari, oltre che sull’amicizia e sull’amore romantico. Trasposto in film dal vivo nel 2015 con un regista di fama internazionale, “Umimachi” arriva due anni più tardi in Italia grazie alla coraggiosa Star Comics: “Our Little Sister – Diario di Kamakura” è una serie decisamente imperdibile, un josei di grande qualità.

Gallery

Banana Fish (dall’artbook Angel Eyes)

 

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