Reiko Shimizu

SHIMIZU Reiko 清水玲子

A cura di Emy, *GardeniA* e lauretta81

Nata il 26 marzo 1963 a Kumamoto, Reiko Shimizu muove i suoi primi passi nel mondo dell’editoria all’età di 19 anni. Il debutto ufficiale avviene nel 1983 con “Sansaro Monogatari” (Storia di Sansaro), pubblicata sulla gloriosa rivista “LaLa” della Hakusensha che ha ospitato i lavori del “Gruppo 24” e di Moto Hagio soprattutto. Inizia così un sodalizio tra l’autrice e la Hakusensha che dura ancora oggi. La Shimizu, che inizialmente è evidentemente influenzata anche a livello grafico dalle grandi di quell’epoca e in particolare da Moto Hagio, comincia a serializzare storie brevi in cui ripropone le tematiche s-f tanto care al suo illustre modello: “Noa no Uchuusen” (1985), “Mou Hitotsu no Shinwa” (1986) e “Tennyo Raishu” (apparso su rivista nel 1986) sono raccolte di racconti autoconclusivi che si sviluppano attorno a riflessioni filosofiche e problemi morali svolti in chiave fantascientifica.
Nel 1986 viene pubblicato il volume autoconclusivo “Milky Way”, dove compaiono due androidi, Jack ed Elena, e le loro considerazioni sulle reali o presunte differenze uomo-macchina e sul senso che può assumere una vita eterna seppure artificiale. Gli stessi personaggi ritornano nella serie di 5 volumi “Ryu no Nemuru Hoshi” (Il pianeta del drago dormiente), che prelude alla sua prima opera lunga con cui sfonda definitivamente e raggiunge un discreto successo: “Tsuki no Ko” (Moon Child, 1988).
L’opera è una rielaborazione della favola “La sirenetta” di Andersen ma ambientata in America (paese di cui subisce una forte fascinazione, al pari di molte sue “coetanee”) e mostra la sua notevole capacità di costruire trame avvincenti e piuttosto complesse, senza smarrirsi o rimanere intrappolata in esse. Protagonista del manga è Benjamin, una ragazza che ha perso la memoria e si lega al ballerino Arthur. Ma l’origine di Benjamin è extraterrestre e presto la vicenda s’infittisce di numerosi e svariati personaggi.
A “Moon Child” seguono altri volumi autoconclusivi in cui ritroviamo le consuete tematiche s-f (ad esempio in “22XX” torna in scena l’androide Jack). La sua rivista di riferimento è ormai diventata LaLa e, proprio negli anni in cui questa testata sforna numerosi titoli celebri, la Shimizu comincia la serializzazione del suo manga più lungo e articolato, che mostra, data la lunga lavorazione, la sua maturazione come scrittrice di storie e illustratrice.
Kaguya Hime, conosciuto e pubblicato in Italia come “La principessa Splendente” da Planet Manga, diviene una delle opere di punta della rivista (ogni volumetto pubblicato si posiziona sempre brillantemente nella classifica degli shoujo più venduti) e uno dei manga più celebrati in occasione del ventennio del magazine contenitore. Nonostante il target non sia altissimo, Reiko non lesina suspance, amore, violenza e morte in questa lunghissima saga anch’essa ispirata da una favola, ma orientale, la storia della principessa splendente.
Un altro punto di riferimento dichiarato è “Siamo in undici”, uno dei capolavori di Moto Hagio, soprattutto nella prima parte della storia ambientata su un’isola del pacifico sinistra e misteriosa, dove un gruppo di ragazzi dovrà fare i conti con il loro oscuro passato, il tutto coronato da un’atmosfera onirica e spesso drammatica. Nell’opera l’autrice affronta temi quali l’ingegneria genetica, la pedofilia, gli intrighi internazionali, giocando su toni che variano dall’avventura al mystery e al dramma esistenziale e basandosi su un cast di personaggi nutrito, su un’accurata analisi dei caratteri e delle psicologie, su un grande ingegno narrativo.
Lo stile grafico della Shimizu denuncia, da un lato, il debito verso Moto Hagio (linea chiara uniforme e pulita, predominanza del bianco nelle tavole, grande cura nei volti e nelle anatomie, impostazione “pulita” delle vignette), dall’altro esprime una grazia, una delicatezza e un amore del particolare che sono caratteristici dell’autrice. Le splendide illustrazioni di Reiko Shimizu, ispirate ai suoi lavori di mangaka, sono raccolte in tre volumi: “Aria” (Aria shimizu Reiko The Collection of Illustrations), “Waltz” (WALTZ Shimizu Reiko Gashuu) e “Illustrations of Reiko Shimizu”.
Non mancano all’appello una raccolta di tarocchi, “Shimizu Reiko Miracle Tarot”, e tre raccolte di postcard: “Muse’s Museum”, “Hakusensha Card Gallery Shimizu Reiko” e “Hakusensha Card Gallery Shimizu Reiko 2”.
Conclusa la serie, durata ben 12 anni, Reiko Shimizu si concede una pausa ed è proprio a questo punto che “Wild Cats”, disegnato durante la serializzazione di Kaguya Hime, ottiene un insperato successo, tanto da consentirne una ristampa di lusso.
L’autrice comincia la sua opera successiva, “Himitsu – The top secret”: l’idea nasce dopo la visione di uno speciale su “Discovery Channel” riguardante lo studio del cervello e delle tecnologie per svelarne i segreti. Inizialmente la storia doveva essere costituita da una serie di oneshot, con protagonisti sempre diversi e aventi come elemento comune solo l’analisi dell’encefalo.
La Shimizu cambia allora rivista, sempre rimanendo in casa Hakusensha; trasloca su Melody, contenitore dal target più adulto e dai contenuti più innovativi e meno commerciali, almeno rispetto a LaLa.
A causa della gravidanza e della malattia della madre, è costretta a una serializzazione discontinua e poi a un lungo stop. Tornata in forma su Melody, Reiko sfodera tutta la sua bravura incrementando pian piano il ritmo della narrazione: raccoglie consensi crescenti dal pubblico tanto che il suo manga diventa l’elemento trainante del magazine e passa a diventare una serie stabile. Così la storia si evolve, come pure lo stile grafico. Il tratto della Shimizu dai tempi di Kaguya Hime si è fatto ancora più preciso, realistico ed essenziale. L’organizzazione delle tavole è studiatissima, con primi piani, dettagli e scorci inusuali. Le storie in cui si ritrovano invischiati i due detective sono orchestrate a opera d’arte, cruente e raccapriccianti, piene di disperazione e suspense, intrise di sentimenti dirompenti ma anche di una nota di speranza.
Il 2008 è un anno d’oro per lei, cominciato con l’annuncio della prima trasposizione in anime di una sua opera, “Himitsu”.

Intervista

Reiko Shimizu qui ci parla principalmente della sua ultima opera Himitsu – The top secret, pubblicato ogni due mesi sulle pagine di Melody di Hakusensha. L’intervista risale al 2012.

Si ringrazia DragonVoice per aver tradotto l’intervista in inglese. Traduzione dall’inglese di Akaiko.

Himitsu: lo shoujo manga secondo Reiko Shimizu.

Il dipartimento editoriale di Hakusensha intervista Reiko Shimizu nel settembre del 2005, quando la sensei è in attesa di suo figlio.

Dipartimento Editoriale: Congratulazioni per la sua nuova casa. So che è molto impegnata con la sua gravidanza quindi la ringrazio in anticipo per il suo tempo. Iniziamo. Che cosa ha scatenato in lei l’idea di Himitsu e quando le è venuta in mente?

Reiko Shimizu: Ho sempre ritenuto interessante poter riprodurre ciò che gli altri hanno visto. Dato che è un argomento che mi interessa tantissimo ho lavorato sull’idea tante e tante volte, ma all’inizio non riuscivo a ottenere una storia che mi piacesse. Mettiamola così, se fossimo dei robot potremmo togliere semplicemente il chip dalla testa. In questo modo il set sarebbe di tipo ultra futuristico.

DE: Ci ha pensato mentre scriveva Kaguya Hime (La principessa splendente NdT)?

RS: Più o meno. Ho pensato a Himitsu per un sacco di tempo. Poi un giorno, improvvisamente, ho pensato che ambientare la storia all’interno di un reparto speciale della polizia giapponese sarebbe stato interessante. E così ho sviluppato l’idea della “nona”.

DE: La storia è ambientata 50 anni nel futuro. E’ diventato tutto più realistico a questo modo, non è vero?

RS: Presumo di sì. Non voglio fare una storia ambientata troppo nel futuro. Preferisco pensarlo più come a un mondo parallelo non troppo diverso dal nostro mondo, piuttosto che a un mondo sci-fi. Ci sono automobili che si muovono come le nostre e le persone si vestono come noi. L’unica differenza è l’invenzione dello scanner MRI, un congegno che consente di vedere le immagini conservate nel cervello. Non ci sono automobili volanti.

DE: Probabilmente il mondo non cambierà molto in 50 anni.

RS: Le cose basilari non cambieranno. Quando ero ancora una bambina, trovavo irragionevole dover aprire un ombrello per proteggermi dalla pioggia. Perché affrontare la pioggia in un modo così primitivo pur vivendo in un mondo pieno di comodità? Alla fine sono le cose basilari come queste che non cambiano mai. La sole cose che cambiano sono i mezzi di comunicazione e la tecnologia.

DE: L’incantevole mondo, quasi da opera lirica dello spazio Sci-fi che lei ha creato in passato e questo mondo realistico sono molto diversi. Quale preferisce disegnare?

RS: Ultimamente ho disegnato tantissime navi futuristiche, quindi amo particolarmente la “freschezza” di Himitsu.

DE: Lei, Shimizu-sensei, è famosa per le sue meravigliose illustrazioni e gli splendidi drammi ma, d’altra parte, lei disegna tantissime scene crudeli e grottesche. E’ una cosa comune nel mondo degli shoujo manga? E’ un tema attraverso il quale ci si esprime? Come, non so, disegnare cose bellissime e crudeli allo stesso tempo?

RS: Più che farlo per seguire un tema, l’ho fatto perché mi piace. Ovviamente il tema è preso in considerazione.

DE: È per far crescere la tensione? Si sforza a farlo?

RS: No, assolutamente. All’inizio ero un po’ spaventata dal fatto che nessuno facesse una cosa del genere. Pensavo “Andrà bene quello che sto facendo?” Visto che nessuno l’ha mai fatto, dovrei farlo io. Fino a che non ho disegnato 22XX, mi sono tenuta su un terreno sicuro. Poi è arrivato 22XX e non ho avuto delle recensioni negative e quindi ho pensato che fosse giusto continuare su questa strada. Nonostante ci fosse una scena molto cruda, finché c’è una ragione funzionale ai fini della storia che giustifica quella scena, i lettori capiranno”.

DE: Che tipo di materiale ha usato come riferimento? Per caso dei testi di medicina?

RS: Il materiale principale che ho usato sono la collezione di foto dei modelli de La Specola del museo di storia naturale di Firenze. E’ una collezioni di immagini di modelli del corpo umano di un periodo in cui la scienza medica non era sviluppata come ora, i modelli erano i cadaveri stessi, penso siano del XVII secolo. Fatti per insegnare medicina, sono molto delicati e molto utili. La pelle è costruita a strati e gli organi interni sono stati costruiti estraendoli dai cadaveri uno alla volta. Le pose sono molto artistiche non guardandole da un punto di vista medico, guardandole sembra di osservare un’opera d’arte. Il tutto è molto interessante.

DE: Himitsu è una storia episodica, ma la conclusione di ogni episodio è costruita in maniera molto intelligente. Anche in casi veramente paurosi o nelle tragedie, c’è sempre una scena toccante. Ha per caso una sorta di queste scene?

RS: Penso agli episodi divisi in parti. E sono tante le volte in cui le parti messe assieme non si uniscono come una vera storia.

DE: Sono veramente impressionato da come la parte investigativa si adatti bene con l’aspetto umano dei drammi che descrive. Sembra che gli eventi siano stati ben amalgamanti assieme al momento della scrittura del fumetto.

RS: Penso molto alla storia, ma dopo un po’ di tempo del vecchio materiale inutilizzato può essere sfruttato in maniera completamente diversa con dei risultati inaspettati.

DE: Ci sarebbe qualcos’altro di cui vorrei parlare con lei. Supponiamo ci sia qualcuno che mi odia veramente tanto e che spesso immagina di uccidermi. Sarebbe interessante se uccidesse qualcuno in preda a una di queste allucinazioni. Nonostante io poi rimanga in vita, nella sua testa ha ucciso qualcuno con la mia faccia anche se non sono io. In pratica Himitsu dipende dalle infinite possibilità del cervello umano che, ad oggi, sono ancora sconosciute.

RS: Esattamente. Per esempio io non riesco proprio a ricordare la faccia di Kevin Spacey. E’ il protagonista di tantissimi film ma lui non riesco a ricordarlo. Finalmente l’ho riconosciuto in “Seven”. E dopo quella volta ho iniziato a pensare e mi sono ricordata che si trovava in questo e quel film ma, stranamente, il mio cervello sembra proprio non registrare il suo volto. Dato che il nostro cervello è un territorio ancora inesplorato possiamo giocherellare ancora con queste idee per un po’. Una volta che tutto sul cervello sarà noto, non potrò scrivere storie come questa. Per esempio, gli ultimi studi ritengono possibile che le immagini da noi viste possano essere trasformate in dati e spedite altrove per essere poi riprodotte. Comunque, una volta che un’immagine diventa una memoria, non pensa anche lei che esista un posto nel cervello umano dove possano fare questa cosa?

DE: Vorrei tanto vedere il cervello di qualcuno che pensa “la mia ragazza somiglia a questa o quella attrice”. La ragazza nella sua testa è completamente diversa dalla sua ragazza. Penso che la cosa interessante riguardo Himitsu sia che le complesse memorie del cervello così come le allucinazioni e i pregiudizi appaiano a Maki e gli altri come legami o impedimenti.

RS: Esatto. L’inizio – cioè l’episodio del Presidente – che non era incluso quando ho iniziato a creare la sezione nove, ha come tema principale le allucinazioni. Nel passato c’era stato un caso con massacro brutale di alcuni bambini e nella stanza del killer furono ritrovati diversi video. La polizia dovette guardarli per controllare non fossero collegati con i crimini e ci sono stati agenti che sono stati male al solo pensiero. E’ brutto dover guardare il lato più oscuro e malvagio dell’umanità. Ho voluto disegnare la tragedia di una persona il cui lavoro lo costringe a guardare queste immagini.

DE: E da lì poi è iniziato “Himitsu 2001”? Io non credo sarei capace di vedere le immagini del cervello di un criminale neanche per un’ora.

RS: Difficile da sopportare, vero? Io non posso neanche immaginarlo. C’è stato un caso in cui un intruso riuscì a entrare con la forza in una scuola elementare e poi uccise dei bambini. Mi sono sempre chiesta cosa abbia visto in quei momenti. Forse era in preda a un’allucinazione.

DE: Nella storia del manga è possibile vedere nelle memorie di un cervello dopo la morte di una persona. C’è qualcosa che lei non vorrebbe mai che gli altri vedessero?

RS: Ovviamente. Penso che sia uguale per tutti. A essere sincera sono spaventata da chi dice di non vergognarsi del fatto che qualcuno possa frugare nel suo cervello, di chi afferma di non avere segreti sulla coscienza. Penso che quella persona sia anormale.

DE: Tra Okamoto Taro, Mozart, Osamu Tezuka, Nobunada Oga, Gesù o Budda di chi vorrebbe osservare il cervello allo scanner MRI?

RS: Tra quelli che ha menzionato direi Gesù. Sarebbe interessante vedere il mondo attraverso gli occhi di una persona così religiosa. Vorrei vedere il cervello di una persona che ha cambiato un’era come quello di Einstein o Hitler.

DE: Lei non ritrae i poliziotti nelle tipiche scene d’azione delle opere poliziesche come inseguimenti e sparatorie, pensa di farlo in futuro?

RS: Sì, la parte peggiore della storia potrebbe essere il solo guardare alle immagini dello scanner MRI? Ci sono immagini che devono essere mostrate per rendere la storia riconoscibile. Ma hanno le pistole. In un flashback si vede chiaramente Maki con una pistola ma, nel caso di Aoki, non mi pare di averlo mai mostrato con una pistola.

DE: Parlando di Maki, indossa ancora il giubbotto antiproiettile?

RS: Non lo so. Fino a ora non ho toccato la vita privata di Maki, quindi è perfettamente normale non saperlo.

DE: Esiste la possibilità che altri personaggi si uniscano a quelli ora presenti? Come, per esempio, un nuovo subordinato per Aoki. Quando è comparsa Amachi ho pensato “Ecco un nuovo personaggio!” ma è morta subito.

RS: Ha ragione. Non è semplice far comparire un nuovo personaggio, farlo integrare e coinvolgerlo nei casi, ma c’è sempre una possibilità per un nuovo collega.

DE: Il set-up dei personaggi è veramente interessante, come la combinazione di Maki e Aoki che sono completamente differenti tra loro e il sempre critico Okabe.

RS: Non sono molto sicura del momento in cui Okabe si è unito a loro. Non mi pare fosse presente nel caso di Kainuma. Se ci fosse stato, sarebbe stato completamente pazzo. Sono ottimista sul fatto che sarà presente nella prossima storia, ma quando è entrato a far parte della sezione nove?. Eppure sembra un veterano.

DE: Di tutti gli episodi di Himitsu pubblicati fino a questo momento, qual è il suo preferito?

RS: Amo la storia del Presidente degli Stati Uniti e il caso di Kainuma perché le cose che volevo disegnare dall’inizio sono venute fuori senza difficoltà.

DE: Il finale dell’episodio del presidente era veramente bello. Penso potrebbe essere un bella scena finale di un film con della buona musica. A quale personaggio si sente più vicina?

RS: Penso sia Aoki. Ha diversi interessi ed è il personaggio che svolge le indagini.

DE: Se Himitsu diventasse mai un film o un drama, ci sarebbe qualcuno che sarebbe, secondo lei, perfetto per il ruolo?

RS: Non ho nessuna idea di farlo diventare un drama, ma l’immagine che avevo nella mia testa mentre disegnavo Maki era quella di Hyde degli Arc-en-Ciel. Non è la faccia femminile, è lo sguardo molto intenso che mi ha colpita. Penso che il suo sguardo molto intenso sia fantastico.

DE: Cosa mi dice riguardo Aoki invece?

RS: Aoki è alto e giovane e chiunque sia abbastanza belloccio anche se non troppo in carne potrebbe andar bene per il ruolo. Per esempio potrebbe essere qualcuno come Satoshi Tsumabuki.

DE: Shimizu sensei, qual è il suo più vecchio ricordo?

RS: Ho questa immagine di me che vomito dopo essere stata trasportata a cavalluccio e aver bevuto qualcosa quando ero molto piccola. Ma non so dirle se questo sia un ricordo o qualcosa che mi hanno raccontato. Quando ero piccola vivevo a Musashino. Ci sono tornata 5 o 6 anni fa con mia sorella. C’era un fiume fangoso nel quale da piccola ero caduta e mio zio mi aveva salvata. Lo ricordavo come un fiume molto grande, ma in realtà è molto piccolo. Mi sono chiesta come ho fatto a caderci dentro. Ma a quel tempo ricordo perfettamente che ho pensato di morire. E’ così interessante pensare come con il tempo è cambiato anche il mio modo di vedere le cose.

DE: Qual è il suo più vecchio segreto?

RS: In uno dei primi anni delle scuole elementari io e una mia amica bevemmo tutte le bevande a base di acido lattico in casa sua senza permesso. Quando suo padre ci scoprì, venimmo entrambe sgridate. Mi dissero di riferire il tutto ai miei genitori quando fossi tornata a casa, ma non lo feci. Il giorno dopo la mia amica mi chiese se l’avessi detto a mia madre e io risposi mentendo. Fino a quando non iniziai le scuole superiori ogni volta che facevo qualcosa contro la mia coscienza, avevo gli incubi quindi era meglio non fare queste cose, e non le facevo.

DE: In questo periodo c’è qualche film o telefilm che le piace in maniera particolare?

RS: Mi piace “The Practice”. Ci sono molte storie veramente intense di questo avvocato che cerca di risolvere casi polizieschi. Sembra un così bravo avvocato difensore eppure poi pensi ahhh è quel tipo di persona. E’ un telefilm di David E. Kelley, lo stesso autore di Ally McBeal, che è più comico anche se parte da un tono più serio.

DE: E dei film, che mi dice? 

RS: Mi piace moltissimo un film coreano di nome Old Boy, amo l’insopportabile sentimento che si prova nel vedere il finale.

DE: Oltre al lavoro, c’è qualche altro tipo di sfida che vorrebbe affrontare?

RS: Tra poco avrò un bambino, penso che questa possa essere considerata una grande sfida.

DE: Appena nati i bambini non sanno parlare e mi chiedo spesso cosa possano pensare, sarebbe interessante osservare il loro cervello per vedere cosa vedono…

RS: Pare proprio che i bambini all’inizio della loro vita non vedano bene. Penso possano vedere in maniera vaga. Ma so per certo che sentono benissimo sin nel ventre materno. L’ultima volta che sono andata a controllo, il bambino dormiva e lo hanno svegliato mettendo sulla mia pancia una sorta di sirena. Il bambino l’ha sentita e si è mosso.

DE: Lei è molto affezionata al suo meraviglioso gatto Kana. Per caso ci parla come si fa con i bambini?

RS: In realtà non sono quel tipo di persona, ma a volte ci parlo. Recentemente ho visto “Star wars” e il rapporto tra me e Kana è un po’ come quello tra R2D2 (C1P8 nella versione italiana NDT) e C-3PO visto che solo uno dei due parla.

DE: Perché l’ha chiamata Kana?

RS: All’inizio l’avevo chiamata Shiza, ma lo trovavo difficile da pronunciare. A quel tempo avevo un’amica di immersioni di nome Kana e ho pensato che il suono che si sentiva nel pronunciare il nome Kana fosse molto carino.

DE: Cosa vuol dire per lei crescere una famiglia?

RS: È qualcosa che non puoi sapere finché non ci provi, ma ho sempre voluto avere un bambino, quindi sono molto eccitata a riguardo. Sono rimasta incinta alla fine di una serie lunga come La Principessa Splendente e sono contenta di non dovermi prendere una pausa nel bel mezzo della serie stessa. Non è stato neanche calcolato. E’ vero che si può sempre continuare a disegnare manga senza pause se non si hanno bambini, ma abbiamo una vita sola e spero di vivere felice provando diverse esperienze.

DE: Spero dia alla luce un bambino sano! Grazie mille per il suo tempo!

 

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