Recensione Manga – Non lasciare questa mano (Kono te wo hanasanai) di Miho Obana (Miho Obana Trilogy n.2)

A cura di Emy

Titolo originale: Kono te wo hanasanai
Autrice: OBANA Miho
Categoria: Shoujo

:: Il manga in Giappone :: 
Casa editrice: Shueisha
Numero di volumi: 1 – concluso
Anno di pubblicazione: 2008
Prima pubblicazione: 1994, 2 volumi
Rivista di pubblicazione: Ribon

:: Il manga in Italia ::
Titolo: Non lasciare questa mano -Miho Obana Trilogy n.2
Casa editrice: Dynit
Numero di volumi: 1
Data pubblicazione: Marzo 2009
Edizione: Solo per fumetteria
Prezzo: 7.50 euro.

Storia
Al giovane Ko, mentre una sera sta tornando a casa con la fidanzata Taeko, sembra di vedere una ragazza tra la folla: cerca di raggiungerla ma inutilmente, perché sparisce tra gli estranei.
Ko si lascia inghiottire dai ricordi: la ragazza gli ha ricordato Yukako, la bambina di cui si innamorò per la prima volta alle elementari. Ko è cresciuto senza la mamma, e ha sempre pensato che le bambine fossero buone solo a mangiare cose dolci e a piangere, ma è Yukako che gli fa cambiare idea: la bambina infatti è priva del padre e la madre versa in pessime condizioni economiche, al punto da essere costretta a traslocare a causa dei creditori.
Nonostante la triste situazione, Yukako non perde il sorriso ed eccelle sia negli studi che nello sport, colpendo Ko per la sua forza d’animo. I due divengono amici e al bambino batte sempre il cuore quando è in sua compagnia.
Ma dopo un breve periodo felice, Yukako e la madre erano scomparse da un giorno all’altro, per motivi rimasti ignoti.
Sono passati sei anni da allora, e Ko non ha mai realmente dimenticato Yukako, tanto che ne ha cercato i tratti somatici nelle fidanzate avute da allora. Ma adesso è proprio Yukako quella che vede per caso in strada: la ragazza viene da lui scoperta mentre ruba del pane; inseguita, si fa riconoscere e Ko non può fare a meno di notare quanto sia magra e denutrita.
Yukako, contenta di rivedere l’amico d’infanzia, lo informa che la madre è morta e lo invita a raggiungerla nel suo alloggio. La ragazza vive in un misero appartamento ma, come Ko presto non tarda a scoprire, non da sola: il maturo Haruki è il suo convivente. Però -come spiega la stessa Yukako- non sono una coppia, vivono solo insieme. Il locale è sporco e in disordine, così come nel totale disordine sembra piombata la vita di Yukako: da questa vita Ko cerca di trarla fuori, ma l’apatia di lei sembra un ostacolo insormontabile… meglio darsi al taccheggio e al furto piuttosto che lavorare, questo pensa Yukako.
Ko lentamente ma inevitabilmente comincia a votarsi a lei: pianta in malo modo la fidanzata Taeko, che però giura a se stessa di non mollare il ragazzo. Questi con tenacia fa rinascere in Yukako il desiderio di ritrovare e realizzare i suoi sogni… anche Ko ha un sogno, quello di gestire un locale edificato su un terreno lasciatogli dal padre.
Ma i sogni suoi e di Yukako saranno in pericolo allorquando entreranno in scena i creditori della madre della ragazza, i quali vogliono rapirla per farla lavorare nel giro della prostituzione e così essere ripagati dei debiti rimasti insoluti. Ko, messo alle strette, proporrà ai malavitosi la cessione del suo terreno in cambio di Yukako… rientrerà in scena Taeko che cercherà di separare la nuova coppia… si svelerà il ruolo di Haruki… e molto altro ancora accadrà prima del finale di questa storia.

Considerazioni
Chi ha avuto modo di leggere Kodomo no omocha (Il giocattolo dei bambini, alias Rossana), conosce già lo stile narrativo e grafico della Obana: narrativamente, è tipico dell’autrice trattare storie drammatiche anche spingendo sull’acceleratore del melò fino a toccare (talvolta) l’assurdo, alternandolo a una vena (auto)ironica che lacera consapevolmente il velo della finzione narrativa.
Questo elemento è presente anche in Kono te wo hanasanai, che precede Kodocha cronologicamente, e che ancora offre qua e là delle ingenuità narrative meno presenti in quello che è riconosciuto come il capolavoro della Obana. Nonostante queste ingenuità (la presenza dei “rivali in amore” francamente superflua -anche perché doppia-, a causa dello scarso approfondimento di questi personaggi, la cui funzione -quella di essere “rivali” e basta- è anche fin troppo marcata), la storia convince proprio grazie all’ironia dell’Obana: così il protagonista non esita a pronunciare la frase che dà il titolo al manga (“Non lascerò andare questa mano!”) stringendo il braccio del suo rivale in amore, con effetto esilarante assicurato.
L’azione ruota attorno a Ko e Yukako, che risultano i personaggi meglio caratterizzati e convincenti nelle loro psicologie: Ko aspira a essere al fianco della sua donna ideale, quella che a lui -orfano di madre- per la prima volta ha fatto percepire l’esistenza e il significato dell'”essere donna”; lei vuole ricomporre in una famiglia unita quell’idea di “famiglia” di cui non ha mai potuto godere. Entrambi sono alla ricerca di un sogno, un sogno che nasce dalle loro più intime necessita ed entrambi vedono l’uno nell’altro la possibilità della realizzazione di questo sogno. Una volta tanto, capiamo *perché* l’amore nasca tra due personaggi e che il sentimento che li lega non è frutto del caso o degli ormoni vivaci.
La grafica è piacevole e la tavola equilibrata accompagna degnamente la narrazione ben calibrata. L’edizione Dynit riprende il formato bunko della seconda edizione giapponese: nella prima edizione, due volumi in tankobon, era presente anche un racconto, “Un amore così”, proposto da Dynit nell’ “Isola dei Gatti”.
Probabilmente se il panorama delle pubblicazioni shoujo in Italia fosse diverso, Non lasciare questa mano sembrerebbe un titolo sufficientemente valido e nulla più, ma -data la mancanza di alternative- questo manga si candida come opera da consigliare e da contrapporre come un baluardo ai millemila titoli farlocchi proposti nel 2009 nel nostro paese.

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