Recensione Manga – Spicy Pink di Wataru Yoshizumi


A cura di Deda (review), Emy (gallery) e Demelza (storia e grafica)

Titolo originale: Spicy Pink
Autrice: YOSHIZUMI Wataru
Categoria: Josei

:: Il manga in Giappone :: 
Casa editrice: Shueisha
Numero di volumi: 2 -concluso
Anni di pubblicazione: 2007-2008
Rivista di pubblicazione: Chorus

:: Il manga in Italia ::
Titolo: Spicy Pink
Casa editrice: Panini Comics
Numero di volumi: 2 -concluso
Pubblicato a partire da: Ottobre 2009
Formato: 11×17, B., 192 pp., b/n.
Prezzo: 4,30 €.

Storia
Sakura ha 26 anni ed è una autrice di shoujo manga. Ha sempre amato disegnare e inventare storie e il suo più grande sogno è riuscire a realizzare qualcosa di veramente valido, che possa interessare profondamente il lettore e lei per prima.
Single, con alle spalle un’unica relazione importante con un compagno di università, nel suo tempo libero frequenta altre autrici di shoujo manga, come per esempio Misono, sua coetanea, mangaka che ha già raggiunto il successo, ma che a differenza di Sakura ha un carattere egocentrico, smaliziato e ha numerose relazioni alle spalle. Misono, in cerca di un nuovo partner, coinvolge Sakura in un goukon (un appuntamento di gruppo fra ragazze e ragazzi single), facendole presente che la sua mancanza di esperienza in campo sentimentale si ripercuote negativamente sulle sue opere, basate più sull’immaginazione che sulla realtà.
Al goukon, che prevede l’incontro con degli affascinanti dottori, Misono instaura subito un certo feeling con quello che sembra un buon partito, mentre Sakura viene notata da un famoso chirurgo estetico, Koreda Iku di 30 anni, che a primo acchito lei giudica il tipico figlio di papà. Più tardi, trovandosi sola con lui in ascensore, Sakura è sorpresa dal repentino interesse che l’uomo sembra mostrare nei suoi confronti, ma lui invece di corteggiarla, finisce con darle consigli su eventuali ritocchi chirurgici per migliorare il suo aspetto! Inutile dire che Sakura da quel momento lo prende in antipatia. Sfortuna (o fortuna) vuole che le loro strade si incrocino di nuovo, proprio mentre la donna, incurante del suo aspetto piuttosto trasandato, sta lavorando al plot della sua ultima storia in un bar. Inaspettatamente non solo Koreda le chiede di scambiarsi il numero di cellulare, ma le propone persino di uscire insieme.
Grazie all’incontro con un ex-compagno di liceo, che le dà occasione di riflettere sul proprio lavoro di mangaka e le permette di parlare veramente per la prima volta con Koreda, Sakura inizia ad apprezzarlo e i due cominciano a frequentarsi.
Mentre ci vengono svelati i tanti segreti del lavoro di un’autrice di shoujo manga, Sakura scopre che nel passato di Koreda si cela un tragica storia d’amore, e nella vita della donna ricompare inaspettatamente qualcuno dal suo passato…

Considerazioni
La rivista di pubblicazione, Chorus, lascia prevedere un tentativo di Wataru Yoshizumi di crescere e cambiare. Tentativo che non era andato in porto, ahimé, con Cherish ma che questa volta ha veramente mancato la meta per cause indipendenti dall’autrice.
Diciamoci la verità, Watarushi non si aspettava certo che Spicy Pink terminasse col secondo volume e, decisamente, leggere “popolare serie raggiunge il suo climax” (dicitura che solitamente viene posta sul penultimo capitolo per annunciare che la serie volge al termine) là dove è stato piazzato… ha dato un senso di sbandamento anche a me.
Per una volta non stroncherò la Yoshizumi e non le addosserò colpe. Per una volta stava davvero ravanando dentro di sé per tirar fuori il cosiddetto ragno dal buco e in maniera piuttosto adeguata.
Se si esclude la parte sentimentale (che forse dovrebbe essere considerata il cuore della vicenda, il motore ma che assolutamente non è lo scheletro del tutto) che fa riferimento a stilemi narrativi da drama, più che da manga… la storia era retta bene in piedi dai suoi personaggi.
La protagonista è una mangaka, e chi meglio di una mangaka che frequenta altre mangaka può parlare della vita di una mangaka?
Precisamente, in scrittura, funziona sempre bene lo scrivere di cose che si conoscono e il mettere come personaggi secondari o anche comprimari… persone di nostra conoscenza. Le amiche di Sakura sono indubbiamente mangaka di nostra conoscenza… Mihona Fuji, Naoko Takeuchi, probabilmente Miho Obana o Ai Yazawa. Lei, Sakura, è una mangaka alle prime armi e pende completamente dalle labbra del suo editor che le consiglia e le vieta di fare questo e quell’altro con le sue storie… e il modo in cui questo rapporto viene descritto fa capire quanto davvero la storia e i plot devices non siano gadget nella cintura dei nostri batmangaka!
In una conversazione telefonica con la sua editor le viene detto che non sempre una storia originale è da considerarsi come riuscita, che il pubblico si aspetta determinati schemi e determinati personaggi e che quindi è bene concentrarsi su cosa vuole il pubblico.

Povera Watarushi, costretta ad alternare interessantissime conversazioni tra colleghe, monologhi interiori e crisi lavorative agli… schemi tanto desiderati dalle lettrici. Ed ecco che compare lui, Iku, il nostro eroe romantico… un po’ Kimura e un po’ Sorimachi, ecco che si fanno avanti situazioni come “il tizio che si finge medico e ricco per fare contenta la ragazza che vuole solo roba di marca, di cui lui si è innamorato” (come da copione: l’incipit di Yamato Nadeshiko, famoso drama degli anni ’90)… ecco che il nostro Iku/Kimura/Sorimachi che un po’ stuzzica e un po’ si diverte con Sakura instaura con lei un rapporto di mutuo soccorso/compagnia/fidanzamento in stile Pride (altro noto famoso drama con Takuya Kimura per protagonista), ecco che dal passato di lei giunge un ex sul più bello (anche questo un plot device visto in Pride e Love Generation) ed ecco che dal passato di lui giunge una ex prima creduta morta, per un equivoco sorto nell’utilizzare la frase “è andata” (altro plot device da drama che ricorda molto anche drama koreani), fino al ricomparire dell’ex tramite articolo di giornale (in una scena pressoché identica a quella di Virgin Road). Ergo sono gli schemi narrativi del drama, non quelli del manga a venire in soccorso alla Yoshizumi questa volta.
Questo le concede un più ampio respiro e la possibilità di diluire le scene in modo che la storia d’amore siano contorno alla vita della protagonista e che il lavoro e le uscite con le amiche cadano come tasselli uno accanto all’altro in maniera piuttosto gradevole (tanto che si vorrebbe che l’elemento melodrammatico della vicenda restasse più sullo sfondo e che la cosa invece si concentrasse più su questi piccoli momenti di spaccato quotidiano).
I cliffhanger di fine capitolo, poi, sono esattamente identici a quelli che si possono trovare a fine episodio di un vecchio drama anni 90 (forse uno schema non più utilizzato di recente). Questo tipo di contaminazione rende il manga gradevole, gli concede anche dei momenti di estrema sincerità, come piccole confessioni della mangaka nelle quali questa donna davvero col cuore in mano dice “io vorrei poter scrivere storie di questo genere… mi piace quello che faccio ma è difficile e spesso non mi viene lasciato spazio”… e a ciò il lettore può solo dire: amen, sorella, mi dispiace.
Purtroppo il manga si conclude in maniera piuttosto repentina ricorrendo a un deus-ex-machina che peraltro assai attivamente contro ogni buon senso spinge forzatamente il finale non verso una bella azione ma più verso una risoluzione di tipo descrittivo: sì l’ho incontrato, mi ha rifiutata, ti ama. Lo “show, don’t tell” va a farsi benedire e non c’è neanche il tempo di fare rientrare un pochino anche gli altri personaggi secondari: l’amica di Sakura modellata decisamente sulla protagonista di Yamato Nadeshiko (e che solo per questo va adorata), la sorella di Iku che si ritrova col ragazzo marpione. Abbiamo accenni a un loro finale in precedenza ma normalmente un po’ di epilogo e di denouement nella storia non guasta mai.
Concludo dicendo che auguro di cuore a Watarushi, che io trovo personalmente una signora adorabile, vittima di crudeli circostanze (e non sto facendo del sarcasmo)… dicevo che le auguro di trovare qualcuno che finalmente le faccia scrivere una storia normale, come vuole lei, con persone normali che fanno una vita normale… e magari se volesse riprendere in mano una mangaka come protagonista e intitolare il tutto “Confessioni di una disegnatrice di fumetti”, piazzando un altro bel personaggio come Sakura (che non si piange addosso, che ha momenti di défaillance ma non è una povera vittima di Iku e del suo buffo bullismo, anzi ragiona con la propria testa ed è la prima a dirsi che nella vita bisogna dare la giusta priorità alle cose)… piazzando anche un bel personaggio come Iku (che fa sempre bene vedere personaggi alla Kimura nei manga) rimuovendo magari la parte problematica, che io avrei lasciato ma in maniera più succinta – anche perché il ragazzo se la cava bene coi problemi, è un adulto – per dare più spazio all’innamoramento che non si è proprio visto arrivare!

Le auguro che non le tarpino le ali com’è successo per questo Spicy Pink, che poteva definitivamente essere l’opera di svolta… ma necessitava di qualche capitolo in più forse per un ulteriore crescendo drammatico e un denouement (due fasi che sono francamente un po’ carenti).
Non mi sento di sconsigliarlo in toto, specie se piazzato nel contesto di quello che è il mercato italiano adesso e cosa offre. Non è eccelso ma se dovete proprio comperare un manga leggero, per puro svago, ci sono dei “momenti” in questo fumetto e delle riflessioni che da soli valgono volumi su volumi di almeno una ventina di titoli leggeri presenti al momento sui nostri scaffali. Solo tenetevi stretti alla poltrona quando giungete sul finale perché arriva in picchiata e si avvita come una montagna russa montata.

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