Recensione – Una lieve imperfezione di Adrian Tomine

UNA LIEVE IMPERFEZIONE

A cura di Spaced Jazz

Autore: Adrian Tomine
Casa editrice edizione italiana: Rizzoli 2008
Volume unico
Formato: 17×24 cm
Distribuzione: solo fumetteria e libreria
Costo: 14.90 E, 128 pp., b/n.

Una lieve imperfezione è la nuova graphic novel di Adrian Tomine. L’autore è considerato fra i migliori interpreti della sua generazione nel fumetto indipendente americano ed era già stato pubblicato da Coconino Press con il volume “Summer Blonde”, che conteneva quattro storie brevi apparse nella rivista personale di Tomine, “Optic Nerve”.
Una lieve imperfezione (titolo originale Shortcomings) è un passo avanti stilistico notevole per il 34enne autore nippoamericano, in quanto presenta per la prima volta una storia unica di una certa lunghezza (serializzata sempre su Optic Nerve) che richiede una tessitura narrativa e una sceneggiatura più complesse rispetto ai lavori brevi precedenti, e il risultato è certo notevole.
Spazio all’introduzione dell’editore…

Ben Tanaka è cinico, meschino, presuntuoso, insicuro, bugiardo. Insomma è un uomo, o meglio è un tipico trentenne d’oggi, a qualsiasi latitudine. Caratteristica secondaria, ma non del tutto trascurabile: è di origine asiatica e sogna di stare con una ragazza occidentale, meglio ancora se bionda, occhi azzurri e lentiggini. Lui nega quando la sua fidanzata giapponese, Miko, glielo rinfaccia, ma i giornaletti che tiene nascosti in camera sono una prova piuttosto irrefutabile delle sue attrazioni segrete. Capita così che i litigi tra di loro comincino da gelosie e incomprensioni per approdare ad accuse di aver cancellato le proprie radici etniche. E che passando da un litigio all’altro Ben si ritrovi solo, finalmente libero di esercitare le proprie mire su chi gli pare. Ma le sue insicurezze e il suo senso di inadeguatezza lo tallonano da vicino e gli impediscono di vivere serenamente qualunque rapporto.
Una lieve imperfezione è un viaggio, privo di valutazioni morali, nelle contraddizioni dell’amore. E un ritratto sincero e spietato di una generazione che naviga a vista.

Il fumetto supera di poco il centinaio di pagine, più che sufficienti per costruire una vicenda definita e di sostanza. Ben Tanaka è, almeno come persona, un doppio dell’autore: ha la stessa età, le stesse origini, di faccia è uguale sputato e frequenta gli stessi luoghi, l’area di San Francisco; ma a suo dire è caratterialmente differente (dimenticavo, alla fine c’è un’interessantissima intervista), il che differenzia un po’ questo titolo dal fumetto autobiografico in senso stretto.
È un’opera non solo caustica su una generazione e sul protagonista, ma anche sarcastica su una certa società odierna e sulle radici etniche.
Ben Tanaka dirige uno scalcinato cinema a Berkeley, quando Miko lo lascia cerca conforto fraterno nell’amica Alice Kim, una coreana lesbica che rimorchia a più non posso generando siparietti surreali con Ben (e lo presenta pure come suo fidanzato alla famiglia… ma chissà se per loro è meglio una figlia omosessuale o un genero giapponese); ma appaiono anche una serie di ragazze con cui Ben cerca di instaurare una nuova relazione, ovviamente bionde ma sempre più strane, come Autumn, artista performer (che roba è?! Beh, lei suona -suona, fa fracasso!!- la chitarra mentre un panzone fa la verticale e una donna dalle ascelle pelose si agita in una specie di danza).

Come già detto, al termine c’è una ricca intervista non solo su Tomine (il suo stile narrativo deve molto a quello di un autore come Raymond Carver), ma anche sul fumetto in generale: “L’esperienza di lettura di un fumetto non dovrebbe limitarsi al tempo che richiede voltare la pagina”.

Insomma: Leggetelo!

“È una doccia fredda quando ti rendi conto di non essere neanche minimamente speciale e fuori dal comune come pensavi quando eri un adolescente alienato”.

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