Recensione Manga – Tom Sawyer di Shin Takahashi

A cura di Giorgia-bi (testi) ed Emy (grafica)

Titolo originale: Tom Sawyer
Autore: TAKAHASHI Shin
Categoria: Shoujo

:: Il manga in Giappone ::
Casa editrice: Hakusensha
Numero di volumi: 1 -concluso
Anno di pubblicazione: 2007
Rivista di serializzazione: Melody

:: Il manga in Italia :: 
Casa editrice: Jpop

Prima edizione
Numero di volumi: 1 -concluso
Anno di pubblicazione: 2009
Prezzo: 10 euro
Collana: Sensei

Seconda edizione
Numero di volumi: 1 -concluso
Anno di pubblicazione: 2018
Prezzo: 14 euro.

:: L’autore ::
Shin Takahashi nasce l’8 settembre 1967 a Shibetsu, nell’Isola di Hokkaidō. Fin dalla scuola media manifesta notevoli capacità atletiche, e figura iscritto nei club di atletica leggera fino agli anni del college. L’amore per questo sport traspare da due delle sue opere, Iihito e Saishu-Heiki Kanojo – The last love song on this little planet, in cui i protagonisti praticano appunto l’atletica leggera. Lettore onnivoro di manga nella giovinezza, Takahashi sensei debutta come autore e disegnatore nel 1990 con Coach no umateki shidou Gaku all’interno della pubblicazione invernale Big Comics Spirits. A breve distanza seguirà la raccolta di storie brevi Suki ni naru hito. Fin da subito il suo stile si contraddistingue per l’uso massiccio e perfettamente padroneggiato della computer grafica, integrato con uno stile schizzato e delicato. Il suo più grande successo a livello internazionale è stato Saishū Heiki Kanojo – The last love song on this little planet, conosciuto dai fan come Saikano e tradotto in italiano come Lei, l’arma finale: da questo manga in sette volumi sono stati tratti un omonimo anime in 13 episodi, realizzato dallo studio GONZO, e una serie di due OAV dal titolo “Another love song” a opera dello Studio Fantasia.
Nel 2005 Saishū Heiki Kanojo è diventato un live action per la regia di Taikan Suga. Dal 2003 Takahashi è impegnato con la serializzazione di Kimi no Kakera – Un frammento di te, ma nel corso del 2007 si è dedicato alla realizzazione di un volume unico dal titolo Tom Sawyer (i cui diritti per l’Italia sono stati acquistati dalla JPOP), ispirato al famoso romanzo di Mark Twain. I protagonisti dei manga di Takahashi sono spesso bambini o ragazzini in rotta con il mondo, con il suo cinismo e la sua violenza. La sua è tuttavia una poetica di disincanto, in cui trapela spesso un fondo di malinconica rassegnazione.

Storia
La morte improvvisa della madre costringe Haru, una ventenne emigrata a Tokio in cerca di se stessa, a fare ritorno al paesello dove la donna aveva deciso di stabilirsi.
Questa assolata cittadina di mare, dotata di tutte le scomodità e i limiti delle realtà periferiche, rappresenta tutto ciò da cui la ragazza aveva categoricamente deciso di allontanarsi; eppure è proprio qui, nei giorni successivi al funerale della madre, che Haru riuscirà a lasciarsi alle spalle l’infanzia, vivendo ‘l’ultima estate della propria adolescenza’.
Fin dal primo giorno Haru ha modo di accorgersi di come la madre sia stata considerata fino all’ultimo una reietta e una poco di buono da tutti i concittadini, e di come questo pregiudizio si estenda direttamente anche a lei – figlia illegittima di una donna ‘diversa’. L’unica visita che Haru riceve dopo essere entrata nella sua vecchia casa è quella della gattina Kuro, che era rimasta accanto a sua madre negli ultimi anni. Quella sera però, mentre riposa accanto alla gatta, Haru viene svegliata da dei rumori sospetti: accostandosi alla finestra, si accorge che nel giardino di casa si sono dati appuntamento dei ragazzini delle medie. Quei bambini, portando con sé degli oggetti privi di valore, si sono spinti fin lì per celebrare un rito funebre in onore della madre di Haru, che chiamano in modo complice “la strega”. Tra quei visi infantili e arsi dal sole, Haru si sofferma su quello di un ragazzino dalla pella bianca. Colpita dal gesto dei bambini e dalla loro dimostrazione d’affetto per la madre, Haru decide di rimanere nascosta e di non interromperli.
Qualche ora più tardi Haru si accorge che la gatta Kuro è morta nel sonno. In onore alla fedeltà dimostrata dall’animale, Haru decide contro il proprio stesso buonsenso di portare il corpicino al cimitero e di seppellirlo accanto alla tomba della madre. Lungo la strada assiste senza volerlo a una discussione tra una donna e un bambino, e qualche minuto più tardi si imbatte nello stesso bambino, disteso a terra con aria tetra. Haru riconosce in lui il ragazzino pallido visto nel proprio giardino, mentre Taro (questo è il nome del bambino) le si rivolge senza preamboli chiamandola… La strega!!
Dato che il fatto di andarsene in giro di notte con un gatto morto in mano non sembra fornire ad Haru abbastanza spiegazioni a questo nomignolo, Taro le spiega di aver conosciuto bene sua madre (“La vecchia strega”), di aver ascoltato più volte i suoi racconti di stregonerie, e di aver saputo proprio in questo modo che lei, Haru, era anche in grado di volare!
Piena di stizza verso la sfacciataggine della madre, Haru decide di prendere un po’ in giro Taro per sfogarsi, e gli dà corda facendogli credere di doversi recare al cimitero per evocare un maleficio con il corpo del gatto. Pieno di entusiasmo, Taro le chiede di poter partecipare… essendo stata presa alla sprovvista, Haru svicola rimandando il tutto alla notte successiva. Il giorno dopo la ragazza si dibatte tra il desiderio di lasciare quel villaggio inospitale e la consapevolezza di non avere alcun legame effettivo con Tokio, se non un lavoro frustrante e una relazione ormai naufragata. Quella notte si reca quindi a chiamare Taro per farsi accompagnare a seppellire Kuro, ma desiste subito in preda alla vergogna, e inizia da sola a scavare la buca tremando di paura. Ridotta a un fascio di nervi, quasi si sente mancare quando Taro le sbuca alle spalle, rimproverandole di aver cominciato senza di lui. Scava e scava, i due iniziano a parlare con una naturalezza che Haru non riesce a ritrovare nel mondo degli adulti, e finiscono per seppellire la micia dimenticandosi del maleficio. Taro racconta alla sua nuova amica del litigio con la donna (ovvero la zia), in seguito al quale aveva pianto a lungo chiedendosi chi avrebbe sofferto se lui fosse morto. La giovane non riesce a trattenere le risate di fronte a quel concentrato di emozioni adolescenziali, ma ben presto anche lei scoppia in lacrime, cosa che non le era ancora accaduta da quando aveva appreso di essere rimasta orfana. I due si sfidano in una tragicomica gara di lacrime e risate, finché vengono interrotti da un rumore: nascosti dietro a un cespuglio, i due assistono impotenti a un omicidio. Taro riconosce nell’assassino il signor Odagiri, un rigattiere molto conosciuto e stimato, ma temuto da tutti i bambini. Trattandosi di un soggetto intoccabile e pericoloso, i due decidono di non fare parola con nessuno dell’accaduto per non correre pericoli, e suggellano la promessa firmando con il proprio sangue un giuramento scritto.
Da quel giorno ha inizio l’ultima, vera estate di Haru: settimane di sospensione dal mondo e dalla sua frenesia, circondata dalle risate e dal caos di un gruppetto di ragazzini, alle prese con scherzi, arrabbiature, fughe da casa e piccoli, grandi segreti.

Considerazioni
Una giovane donna elegante, dai lunghi capelli neri che ondeggiano sull’abito estivo, osserva un gruppo di ragazzini scalmanati che si tuffano da un ponte; “che monellacci”, borbotta allontanandosi.
Una ragazza dai capelli cortissimi, vestita a casaccio, arranca lungo la strada impietosendo il fruttivendolo, che dopo averla apostrofata con un: “Ehi, signorina piratessa!”, le regala un cesto di pomodori.
Non si tratta di due diversi personaggi di Tom Sawyer, ma della stessa Haru così come appare all’inizio del racconto e come diventa solo qualche settimana dopo. In un certo senso si potrebbe dire che la figura di Haru sia puramente funzionale al ruolo di narratore, di cornice alle avventure del vero protagonista, l’irrequieto e irresistibile Tom/Taro. È tuttavia altrettanto vero che se Taro incarna la fuggevolezza e l’istantaneità dell’essere bambino, Haru percorre con (e attraverso) lui un percorso di maturazione che le permette di vivere una sorta di ‘adolescenza’ fino a quel momento negatale dalla necessità di affrancarsi da una figura materna ingombrante.
Che sia per averlo letto, per averne visto un adattamento cinematografico o anche solo un omaggio ne “I Simpson”, chiunque viva nel mondo occidentale e abbia più di dodici anni deve essere incappato almeno una volta nelle avventure del piccolo eroe di Mark Twain. La rivisitazione proposta da Shin Takahashi in queste 350 pagine può essere considerata come un omaggio nipponico alla fantasia dell’inventore di Tom e Huck. Se da un lato infatti vengono riproposti molti passaggi dell’opera originale (il rapporto ambivalente di Taro con la famiglia, l’omicidio e il suo capro espiatorio, la zattera, la disavventura nella grotta), è tuttavia evidente come l’autore e i suoi collaboratori abbiano voluto rimaneggiare il tutto. Le atmosfere sono più rarefatte, i conflitti più sfumati, e la scelta di adottare una voce narrante adulta – per quanto particolare – fa sì che anche i passaggi più divertenti e scanzonati mantengano un fondo di malinconica nostalgia.
Taro è un Tom di tutto rispetto: scanzonato, incontenibile, irrispettoso delle convenzioni, e capace di grandi gesti e grandi emozioni. Lui e i suoi amici ricordano ad Haru e al lettore molti aspetti più o meno gradevoli degli ultimi anni d’infanzia: il senso di appartenenza al gruppo, il rapporto privilegiato con la natura e le sue forze, la sconfinata tristezza di fronte al conflitto con il mondo adulto (chi non ha mai pensato di voler vedere la faccia dei genitori di fronte alla propria tragica morte?). Il rapporto di amicizia che si viene a creare tra Haru e Taro dà luogo a svariate situazioni divertenti e problematiche (soprattutto per lei), e permette alla prima di superare una situazione di stallo esistenziale. Affascinata dalla spontaneità e dalla genuinità del ragazzino, Haru si trova quasi inconsapevolmente a seguirlo, a uniformarsi al suo pensiero accantonando preconcetti che si erano ormai fatti spazio nella sua mente. In un certo senso, e solo per qualche istante, Haru diventa Taro – come del resto suggerisce il murales da lei lasciato all’interno della casa materna alla fine dell’estate, interpretato correttamente solo dallo stesso Taro – per poter ridiventare una se stessa adulta.
Il Tom Sawyer di Takahashi diverte, rapisce e commuove. Il costo è inoltre ampiamente ripagato dalle quasi 400 pagine di lettura fitta, e dalle splendide illustrazioni colorate delle prime facciate. I protratti slittamenti alla data di pubblicazione hanno forse giovato alla sua godibilità: niente di meglio di una bella storia estiva per salutare l’arrivo di questa estate!

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