Recensione Manga – Designer di Yukari Ichijou

A cura di Emy

Titolo originale: Designer
Autrice: ICHIJOU Yukari
Categoria: Shoujo

:: Il manga in Giappone :: 
Casa editrice: Shueisha
Numero di volumi: 2 -concluso
Anno di pubblicazione: 1974
Rivista di serializzazione: Ribon

:: Il manga in Italia :: 
Casa editrice: Dynit
Numero di volumi: 1 -concluso
Pubblicato nel: Settembre 2019
Distribuzione: fumetteria e libreria
Collana: Showcase
Prezzo: 24,90 euro, 360 pp.

:: Il drama ::
Ispirato a questo manga è il drama del 2005 compreso in 40 episodi, interpretato da Matsumoto Rio (Ami) e Kokusho Sayuri (Reika).

:: L’autrice ::
Nata il 19 settembre, vergine. Debutta nel 1968 sulle pagine di “Ribon” con Yuki no serenade (Serenata della neve) e da allora ha pubblicato numerosi manga e saggi ed è seguita da un pubblico molto variegato. Tra le sue opere più rappresentative, oltre a “Designer”, si ricordano “Suna no shiro” (Castello di sabbia), “Yūkan kurabu” (Yūkan club) e “Pride”, che nel 2007 ha ottenuto l’Excellence Prize del Japan Media Arts Festival. “Designer” è la sua prima opera tradotta in italiano.

Storia
Shoujo vintage pubblicato nel 1974, esagerato e melodrammatico, uno dei primi grandi successi di un’artista eccezionale, tradotta in Italia per la prima volta.

Ami è una modella all’apice del successo, ma nasconde un segreto: non sa chi siano i suoi veri genitori. Un giorno scopre l’identità della madre e questa verità sconvolgente la turba al punto da provocarle un grave incidente automobilistico che le tronca la carriera per sempre.
La ragazza vuole vendicarsi della donna che l’ha abbandonata ancora in fasce e con l’aiuto di Toki, giovanissimo imprenditore a capo della Yūki Konzern, decide di diventare una stilista…
Una storia avvincente ambientata nello spietato mondo della moda, tra abiti meravigliosi e antagonisti senza scrupoli, che anticipa alcuni che poi diventeranno dei veri e propri topoi dello shojo manga (trama da casa editrice).

Considerazioni
Mi avessero detto, vent’anni fa, che in Italia Ichijou Yukari sarebbe stata pubblicata, avrei avuto difficoltà a crederci.
Si tratta di una di quelle autrici che in patria è piuttosto nota, e non relativamente ai soli shoujo manga fan, grazie ai drama tratti dalle sue serie (Designer, Suna no Shiro, Tadashii Renai no Susume). Certo, rileggere un’opera dopo più di quarant’anni dalla sua prima pubblicazione fa un certo effetto, essendo il manga ricco di svariati cliché shoujo che però, nel 1974, non erano avvertiti come tali.
Allora ci si rende conto di quanto Designer e l’opera della Ichijou in generale sia risultata seminale. Non posso dire di più, sarebbe spoiler sicuro, ma leggendo il volume mi sono venuti in mente decine di titoli… tutti successivi, però, a Designer. La trama è ricca di drammaticità e questo titolo è a tutti gli effetti un vero e proprio drammone in odore di tragedia ikediana, che permette, oltre a immaginare l’effetto strappalacrime assicurato all’epoca di realizzazione, anche qualche interessante considerazione.
Nell’opera è facile leggere tra le righe una tematica che evidentemente doveva stare molto a cuore all’autrice: una donna, per costruire una carriera, una posizione di prestigio e di grande potere, deve necessariamente rinunciare alla gioia di costruire una famiglia? Deve rinunciare a essere madre, a una felicità semplice e, se vogliamo, comune? E che valore assegnare, in quel caso, alla femminilità?
Le due realtà (famiglia e lavoro) erano considerate negli anni 60-70, ne deduciamo, molto più antitetiche di quanto non siano oggi. E questa tematica io non ricordo di averla trovata in modo così manifesto nelle opere della Ikeda o delle autrici del “Gruppo 24”. Sono contenta perciò che Designer sia stato tradotto e reso disponibile per il pubblico italiano, perché ci restituisce un altro aspetto degli shoujo e, in definitiva, perché è un’opera che, attraverso una vicenda “esagerata e melodrammatica”, ci parla della solitudine, dei sacrifici affrontati dalle donne di quegli anni, impegnate a costruire una credibilità nel mondo degli uomini, per rendere possibile a quelle che sarebbero nate più tardi scelte di vita meno sofferte. Tutto ciò, beninteso, è leggibile soltanto in filigrana, ma è senz’altro questo il mondo che il volume porta con sé.
Due parole, infine, sulla grafica: molto bella, fedele ai canoni estetici degli shoujo manga dell’epoca, potrebbe lasciare perplessi coloro che non amano la bidimensionalità tipica del periodo, ed è forse agli appassionati della vecchia guardia che l’opera risulta meglio indirizzata (oltre ai lettori curiosi di apprendere), perché questi ultimi non si aspetteranno il capolavoro imperdibile, ma sapranno apprezzarla collocandola nel contesto più giusto.

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