Recensione – Qua la penna! Autrici e art director nel fumetto italiano (1908-2018) di AA. VV.

Qua la penna! Autrici e art director nel fumetto italiano (1908-2018)

A cura di Emy

Titolo: Qua la penna! Autrici e art director nel fumetto italiano (1908-2018)
Autori: AA. VV.
Editore: ComicOut
Anno di pubblicazione: 2020
ISBN: 9788897926863
Pagine: 184
Prezzo: 14.90 euro.

Dal 2018 ComicOut pubblica gli Atti dei convegni dell’Accademia degli Agiati di Rovereto. Un gruppo di studiosi che si documenta e si incontra ogni biennio, approfondendo una tematica legata alla storia del fumetto. Questo volume è di particolare interesse per il tema trattato, perché affronta la rara e tardiva, ma importante, presenza delle donne nel fumetto. A partire da fine 800, e da Paola Lombroso, ideatrice del «Corriere de Piccoli», al grande vuoto, costellato da rarissime “avis”, fino ai primi ’50. Poi le pioniere, con Grazia Nidasio, le editrici geniali, come Tea Bonelli e le “diabolike” sorelle Giussani, l’arrivo degli anni ’70 e infine il nuovo secolo, ricco di firme femminili. Una tematica di indubbio interesse non solo per chi studia il fumetto e i media, ma per la, sempre tanto dibattuta e attuale, questione femminile (testo da casa editrice).

Qua la penna! Autrici e art director nel fumetto italiano (1908-2018) è un dono raro e prezioso, che dovrebbe interessare quanti sono attratti dalla presenza (e dalla narrazione) femminile nelle nuvole parlanti o anche solo i lettori curiosi di sbirciare quel che accade “dietro le quinte”.

Andrò al sodo: sono decenni che leggo fumetti di tutti i tipi e di tutte le provenienze e fin dai primi passi come lettrice non ho potuto che notare come la narrazione al femminile nei fumetti sia stata poco considerata (quando non ignorata) in Italia e non solo. Il motivo per cui ho dedicato parte del mio tempo ai fumetti giapponesi per ragazze negli ultimi vent’anni è senz’altro questo, cioè il fatto che in Asia più di mezzo secolo fa è nata e tuttora frequentata dalle donne del fumetto quella che Virginia Woolf chiama “una stanza tutta per sé”. Di norma, quando fai notare che il fumetto duro & puro italiano è stato per decenni dominato da una visione maschile, ti dicono che è così perché le donne non leggono fumetti, e quindi di conseguenza neanche li fanno, i fumetti. Oggi questo stato di cose è meno avvertibile grazie alla crescente popolarità delle graphic novel, che se da una parte permettono alla voce femminile di potersi (finalmente) esprimere, dall’altro però rischiano di azzerare la consapevolezza, da parte di lettori e autori, della portata assolutamente rivoluzionaria di questo fenomeno.

Del resto, si sa, in tempi in cui sembra dominare un “eterno presente” il passato risulta avvolto dall’oblio. Ed è invece indispensabile recuperarlo, perché sapere da dove veniamo rischiara il cammino futuro, ci rassicura sulla direzione intrapresa.

Per tal motivo libri come Qua la penna! Autrici e art director nel fumetto italiano (1908-2018) sono necessari. In questa agile pubblicazione c’è quanto bisognerebbe sapere per sfatare più di un mito. Le donne ci sono sempre state nel fumetto, italiano e non, ma le loro figure per molto tempo sono state avvolte dal silenzio che di norma le accompagna, in una sorta di “invisibilità” che le fa ignote al grande pubblico. La parte più significativa di questi studi accademici riguarda il periodo tra fine Ottocento e tutta la prima metà del secolo XX. Grace Drayton, Rose ‘O Neill, Nell Brinkley e molte altre sono tra le pioniere dei fumetti e non stupisce che queste donne si schierassero a favore delle suffragette (articolo di Alfredo Castelli). Non si può separare la storia del fumetto dalla questione femminile, infatti.

Di grande interesse è il capitolo dedicato a Paola Lombroso, un’intelligenza brillante che ha progettato e pianificato nientedimeno che… “il Corriere dei Piccoli”. Nel libro è riportata la lettera scritta dalla Lombroso dove proponeva la pubblicazione di un settimanale dedicato all’infanzia. La Lombroso non solo si mostra ferratissima su tutte le principali pubblicazioni straniere rivolte ai bambini, ma dimostra di avere una chiara posizione pedagogica (e politica) quando spiega che il gioco e il coinvolgimento per i piccoli sono essenziali. Come andò a finire? La Lombroso, dopo un lavoro attivo di pianificazione durato due anni (contattò e coinvolse numerose personalità, reclutò i fumettisti che si sarebbero impegnati nel giornalino), si aspettava una posizione preminente, un ruolo direttivo. Le affidarono la posta dei piccoli. E persino in questo ruolo, che svolse con lo pseudonimo “zia Mariù”, ebbe dei problemi, al punto da abbandonare la sua attività. Naturalmente, bisogna storicizzare e di sicuro altre storie simili sono accadute in quegli anni (siamo all’inizio del Novecento), però, data l’importanza del “Corriere dei Piccoli” per tutto il corso del XX secolo, questo “malaugurato affare” è una questione meritevole di attenzione.

Anche chi non legge fumetti Bonelli credo conosca i nomi Gianluigi e Sergio Bonelli. D’altro canto -suppongo- non tutti quelli che li leggono conoscono il nome di Tea Bonelli. Si tratta di una figura fondamentale per la storia della casa editrice: è la moglie di Gianluigi Bonelli, che si è affiancata a lui nella direzione dell’azienda fino al termine degli anni Cinquanta. Il suo ruolo è rimasto nell’ombra anche per decisione della stessa Tea, ma dopo di lei sono veramente troppe le donne a capo della direzione di settimanali e riviste che accolgono fumetti nelle loro pagine per non considerarle. Alcune disegnatrici venivano fatte passare per… disegnatori ed è difficile ricostruire, oggi, i loro percorsi. In conclusione: le donne hanno fatto sempre parte del mondo delle nuvole parlanti, ma in ruoli meno “visibili”, è innegabile.

Naturalmente, ci sono anche le grandissime e fulgide eccezioni: le Giussani (madri di Diabolik), Lina Buffolente e Grazia Nidasio, per esempio. Sulla Nidasio illumina l’articolo di Laura Scarpa, anche lei autrice protagonista e voce femminile forte. Be’, se non conoscete Valentina Melaverde e la Stefi… secondo me, dovreste. La Nidasio è stata il faro nella notte della mia infanzia e non solo della mia, visto che è un’autrice molto cara per tantissimi lettori (e non a caso dico “lettori”, perché la narrazione che esprime una voce femminile, anche se ha un -cosiddetto- target femminile, è ovviamente fruibile e apprezzabile da un pubblico eterogeneo…  se tutti lo capissero non ci sarebbe bisogno di spiegarlo, e invece…).

E adesso, in questi tempi di graphic novel, che cosa ci attenderà? Non entrerò nel merito della querelle graphic novel/fumetti perché mi piace pensare che anche i lettori di graphic novel lo sappiano, in fondo, che stanno leggendo fumetti. Il punto però è che grazie alle graphic novel la voce femminile si sta sentendo, forse per la prima volta, forte e chiara.
Restiamo in ascolto.

E nel frattempo trascrivo qui il dialogo della vignetta di Grazia Nidasio che ho riportato a lato, perché lo scanner è morto e le foto dal cellulare sono quello che sono.

Si tratta di un dialogo immaginario tra una giovane Valentina Melaverde e un editore.

Editore: Lei provi a ridere di Tex e sarà fatta a pezzi dai suoi stessi fans…

Valentina: Lo so.

Editore: Senta, i supereroi non piacciono troppo neanche a me, quanto al finto horror e alle storie dell’aldilà le tollero perché mi hanno reso un sacco di soldi. Ma, infine, lei cosa voleva?

Valentina: Volevo solo divertire e raccontare storie “vere”, per dire ai ragazzi dell’età dei brufoli e dei prof che è utile imparare a ridere per sopravvivere. 

Valentina: Si tenga pure i suoi miti e anche i suoi eroi e supereroi dagli addominali perfetti in mutande e mantello che vivono storie assurde prese molto sul serio. 

Valentina: Io rimango fedele al detto di Zio Frederich: “Non si può ridere di tutto, ma ci si può provare…” 

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