Recensione Manga – Kokuhaku aka Confession di Kanae Minato e Marumi Kimura

A cura di Emy

Titolo originale: Kokuhaku (Confession)
Storia: MINATO Kanae
Disegni: KIMURA Marumi
Categoria: Josei

:: Il manga in Giappone ::
Casa editrice: Futabasha
Numero di tankoubon: 1, completo
Anni di pubblicazione: 2010
Rivista di serializzazione: Jour Suteki na Shufu-tachi

:: Il romanzo ::
Titolo: Kokuhaku
Autore: Kanae Minato
Prima pubblicazione: 2008

Edizione Italiana
Titolo: Confessione
Autore: Kanae Minato
Editore: Giano
Pubblicato: 19 maggio 2011
Collana: Nerogiano
Lingua: italiano (trad. G. Coci)

:: Il film ::
Titolo: Kokuhaku
Titolo internazionale: Confession
Data di proiezione in Giappone: 2010 
Regia: Tetsuya Nakashima
Soggetto: Kanae Minato
Sceneggiatura: Tetsuya Nakashima
Cast: Takako Matsu, Yukito Nishii
Vincitore di diversi premi, tra cui “Best Asian Film” al 30th Hong Kong Film Awards e il “Black Dragon Audience Award” 2011 al Far East Film Festival di Udine.

Edizione Italiana
Titolo: Confessions
Formato: PAL
Audio: Giapponese (Dolby Digital 2.0), Giapponese (Dolby Digital 5.1), Italiano (Dolby Digital 2.0), Italiano (Dolby Digital 5.1)
Lingua: Italiano, Giapponese, sottotitoli italiano
Durata: 103 minuti
Data: 22 Ottobre 2013

Storia
Un’insegnante delle scuole medie, Yuko Moriguchi, annuncia la sua intenzione di ritirarsi dall’insegnamento da lì a un mese. Gli studenti restano sorpresi da questa rivelazione e lei spiega il perché di tale drastica scelta. Durante il discorso d’addio tenuto alla classe, la donna cerca di dare un’ultima lezione agli alunni sul valore della vita, raccontando agli studenti che il suo compagno, il famoso insegnante Sakuramiya, aveva contratto l’HIV in uno dei suoi viaggi all’estero.
Quando Yuko rimase incinta della figlia, lei e il compagno scelsero di avere la bambina senza sposarsi, in quanto questa notizia dell’HIV sarebbe stata fonte di discriminazione nei riguardi della bambina una volta cresciuta, anche se le possibilità di ereditare il patogeno sono molto basse. Quando la bambina nacque, i due furono immensamente felici. Il padre scelse per il bene della figlia di starle lontano evitando ogni possibile contatto per non farla ammalare.
Yuko diede tutto il suo affetto e quello del padre alla piccola Manami, divennero una famiglia molto felice. Passato un anno, Yuko tornò a insegnare. Manami quando andava all’asilo fu affidata a una signora: Takenaka, che aveva un cane a cui la piccola si affezionò, tanto che gli dava da mangiare ogni giorno. All’inizio dell’anno, la signora Takenaka fu ricoverata in ospedale e Yuko dovette portare a scuola Manami, lasciandola in infermeria fino alla fine delle lezioni. Alcuni studenti della classe di Yuko si erano affezionati molto alla bambina e spesso la andavano a trovare per giocare insieme. Una sera, però, Manami era sparita dall’infermeria e alcuni studenti e Yuko iniziarono a cercarla. Con sommo orrore, Manami fu ritrovata morta annegata al centro della piscina della scuola, e Yuko ne restò totalmente distrutta.
Le indagini della polizia conclusero che Manami era caduta accidentalmente nella piscina. Questo fatto fu appurato anche perché si scoprì che Manami andava a dar da mangiare al cane della signora Takenaka che viveva vicino alla scuola. A questa rivelazione le studentesse della classe piansero disperate per il tragico fato della piccola. Yuko dice che l’intera responsabilità dell’accaduto ricade su di lei. Tuttavia, dichiara di non avere mai creduto che la morte della figlia sia stata un incidente. Avendo indagato su quello che è successo, la professoressa Moriguchi rivela che Manami è stata uccisa da due studenti della sua classe, lasciando l’intera aula ammutolita. 
In Giappone vi è un articolo della costituzione in base al quale non si può incriminare un minore per omicidio, anche se l’ha veramente commesso e la massima pena in tal caso è finire in una clinica psichiatrica, da cui in breve sarà rilasciato. Yuko, per quello che successe alla figlia, dichiara di ritenere tutto questo inaccettabile, e che non intende farla passare liscia ai due studenti di cui al momento non vuole rivelare l’identità, definendoli “studente A” e “studente B”.  Quindi aggiunge che lo studente A ha ottimi voti e non presentava alcun problema grave, a eccezione di alcune voci inquietanti sul fatto che uccideva piccoli animali e li metteva nel frigorifero… (fonte: Wikipedia).

Considerazioni
Nonostante sia presente un omicidio, il lettore e i personaggi sono messi fin da subito a conoscenza dell’identità degli assassini, pertanto al centro della vicenda non c’è una vera e propria indagine e la storia non si configura come un giallo. La tensione che corre tra le pagine è tipica dei thriller: come farà la professoressa a vendicarsi degli assassini della figlia?
Dal momento che a essere focalizzate sono le psicologie dei personaggi, possiamo quindi collocare l’opera nell’ambito del thriller psicologico, anche se in Giappone questo sottogenere viene definito iyamisu.
Se esaminiamo razionalmente la trama, ci appariranno chiare alcune falle (tipo: come fa la professoressa Moriguchi a essere ovunque e a intuire le intenzioni dei personaggi quasi fosse onnisciente e onnipotente?) che mettono alla prova la sospensione dell’incredulità. Ma la storia è una grande metafora tesa a evidenziare una caratteristica presente talvolta nelle ultime generazioni: la mancanza di empatia. Gli assassini infatti possiedono in forma estremizzata questo tratto, di cui partecipano però anche gli altri adolescenti, pronti a improvvisarsi bulli, a commettere crudeltà, omicidi e violenze psicologiche e fisiche. Il bisogno di attenzione può indurre a comportamenti devianti.
La professoressa si vendica costringendo questi ragazzi a guardarsi allo specchio: chiusi nel loro piccolo mondo, essi vedono solo i propri problemi e la propria sofferenza, incapaci di comprendere i problemi e la sofferenza altrui. Così facendo, perdono lungo la strada ciò che dovrebbe essere patrimonio comune, ossia l’umanità, la capacità di provare compassione, nell’originario significato di “soffrire insieme”.
La storia è tratta da un romanzo di Kanae Minato, la quale dopo avere svolto diversi lavori ha esordito in narrativa nel 2008 proprio con Kokuhaku, che ha ottenuto attenzione da critica e pubblico e, diventato un bestseller in Giappone, ha ispirato nel 2010 un film e un manga, piuttosto fedeli rispetto al romanzo, se sorvoliamo su alcuni dettagli non troppo rilevanti. Il romanzo è stato poi tradotto in altre lingue, tra cui l’italiano.
Il manga ha una scansione degli avvenimenti troppo veloce, forse a causa della rapida esecuzione, necessaria per sfruttare il successo del romanzo e del film, tuttavia la lettura risulta comunque scorrevole. 
Kanae Minato in Giappone è descritta come “la regina dell’iyamisu”, che è “un sottogenere di narrativa mystery incentrata su episodi raccapriccianti, indagando sul lato oscuro della natura umana” (fonte: Wiki). Chissà se la scrittrice è stata influenzata, nella stesura del romanzo, dal famoso omicidio di James Bulger del 1993: James era un bambino di due anni ucciso da due bambini di 10 anni. Durante il processo i colpevoli vennero definiti come “Bambino A” e “Bambino B” e uno dei due si dimostrò indifferente di fronte all’atto commesso.
Ammetto che dopo aver visto film e manga (i due prodotti sono quasi identici) mi è rimasta dentro una sensazione di disagio, perché ho compreso che gli avvenimenti descritti non sono frutto dell’immaginazione dell’autrice. Purtroppo possono effettivamente verificarsi nella realtà. E pensarci è sgomento puro, inquietudine assoluta. Una visione e una lettura disturbante… anche questo può essere josei.

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